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ISIDE SVELATA

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L’elisir e l’alkahest<br />

Elie de Beaumont ha recentemente riaffermato l’antica dottrina di Ermete, secondo la<br />

quale vi è una circolazione terrestre paragonabile a quella del sangue dell’uomo. Poiché è<br />

una dottrina vecchia come il tempo che la natura rinnovi le sue energie consumate<br />

assorbendole alla fonte dell’energia, perché il fanciullo dovrebbe differire dai suoi<br />

genitori? Perché l’uomo, scoprendo la sorgente e la natura di questa energia recuperativa,<br />

non potrebbe estrarre dalla terra stessa il succo o la quintessenza con cui reintegrare le sue<br />

forze? Questo può essere stato il grande segreto degli alchimisti. Fermiamo la circolazione<br />

dei fluidi terrestri e avremo lo stagnamento, la putrefazione, la morte; fermate la<br />

circolazione dei fluidi nell’uomo e ne seguirà la stagnazione, l’assorbimento, la<br />

calcificazione della vecchiaia. Se gli alchimisti avessero semplicemente scoperto alcuni<br />

composti chimici capaci di mantenere aperti i canali della circolazione, tutto il resto non ne<br />

conseguirebbe forse facilmente? E perché, ci domandiamo, se le acque di superficie di<br />

certe sorgenti minerali hanno questa virtù nella cura delle malattie e nel ristabilimento del<br />

vigore fisico, sarebbe illogico dire che, dal momento che possiamo ottenere i primi flussi<br />

dell’alambicco della natura nelle viscere della terra, potremmo forse trovare che la fontana<br />

della giovinezza, dopo tutto, non era un mito? Jennings afferma che l’elisir fu tratto dai<br />

segreti laboratori chimici della natura da alcuni adepti; e il chimico Robert Boyle cita un<br />

vino medicinale o cordiale che il dott. Lefevre sperimentò, con meravigliosi effetti, su di<br />

una vecchia.<br />

L’alchimia è antica come la tradizione stessa. “La prima menzione autentica su questo<br />

argomento”, dice William Godwin, “è un editto di Diocleziano, di circa trecento anni dopo<br />

Cristo, il quale ordina che sia fatta una diligente ricerca in Egitto di tutti gli antichi libri<br />

sull’arte di fare l’oro e l’argento, perché siano dati alle fiamme. Questo editto fa<br />

necessariamente presume re una certa antichità di tale studio; e la storia favolosa ha<br />

ricordato Salomone, Pitagora ed Ermete fra i suoi principali adepti”.<br />

E questa questione della trasmutazione, questo alkahest o solvente universale che<br />

viene dopo l’elisir di vita nell’ordine dei tre agenti alchemici? L’idea è davvero così<br />

assurda da essere del tutto indegna di considerazione in questo secolo di scoperte<br />

chimiche? Come considereremo gli aneddoti storici di uomini che fabbricarono<br />

effettivamente l’oro e se ne disfecero, e di coloro che testimoniarono di averglielo visto<br />

fare? Libavio, Gebero, Arnoldo, Tommaso d’Aquino, Bernardo Comes, Joannes, Penoto,<br />

Quercetano Geber, il padre arabo dell’alchimia europea, Eugenio Filalete, Battista della<br />

Porta, Rubeo, Dornesio, Vogelius, Ireneo Filalete Cosmopolita, con molti alchimisti<br />

medievali e filosofi ermetici confermano il fatto. Dobbiamo credere che questi grandi e<br />

dotti studiosi siano stati tutti visionari e folli? Francesco Pico, nella sua opera De Auro,<br />

presenta diciotto casi di oro fabbricato in sua presenza con mezzi artificiali; e Thomas<br />

Vaugham, (50) essendo andato da un orefice per vendere 1200 marchi di oro, si sentì dire<br />

con sospetto che quell’oro era troppo puro per provenire da una miniera, e fuggì via<br />

lasciando il denaro dietro di sé. In un capitolo precedente abbiamo presentato la<br />

testimonianza di molti autori a questo proposito.<br />

Marco Polo ci dice che in certe montagne del Tibet, che chiama Cingintala, esistono<br />

filoni della sostanza di cui sono fatte le salamandre: “Perché la verità vera è che la<br />

salamandra non è un animale, come si afferma nelle nostre parti, ma una sostanza che si<br />

(50) Eugenio Filalete.<br />

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