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ISIDE SVELATA

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possibile in quel particolare ciclo. Poi l’onda regrediente del tempo portava via con sé le<br />

vestigia del progresso umano, sociale e intellettuale. I cicli succedettero ai cicli per<br />

passaggi impercettibili; nazioni fiorenti e altamente civilizzate crebbero di potere,<br />

raggiunsero il sommo dello sviluppo, declinarono e si estinsero; e l’umanità, ogni volta che<br />

raggiungeva il termine più basso dell’arco ciclico, veniva rituffata nella barbarie degli<br />

inizi. Regni sono andati in rovina e nazioni sono successe alle nazioni dagli inizi fino ai<br />

nostri giorni; le razze sono alternatamente salite ai più alti punti di sviluppo e sono discese<br />

ai più bassi. Draper osserva che non vi è ragione di supporre che ogni ciclo abbracciasse<br />

l’intera razza umana. Al contrario, mentre l’uomo, in una parte del pianeta era in<br />

condizioni di regressione, in un’altra poteva progredire in conoscenze e civiltà.<br />

Questa teoria è veramente analoga alla legge del moto planetario, che fa ruotare i corpi<br />

celesti intorno al loro asse, i vari sistemi attorno ai loro rispettivi soli, e costringe il<br />

complesso stellare a seguire una via comune attorno a un centro comune. La vita e la<br />

morte, la luce e l’oscurità, il giorno e la notte sul pianeta, mentre esso ruota attorno al suo<br />

asse e attraversa il cerchio zodiacale, presentano i cicli minore e maggiore. (1) Ricordiamo<br />

l’assioma ermetico: “Come sopra così sotto, come in cielo così in terra”.<br />

La selezione naturale e i suoi risultati<br />

Alfred R. Wallace pensa con solida logica che lo sviluppo dell’uomo è stato più netto<br />

nella sua organizzazione mentale che nella sua forma esterna. Egli considera che l’uomo<br />

differisce dall’animale nella capacità di subire grandi cambiamenti di condizioni e di<br />

ambienti senza notevoli alterazioni della sua forma e struttura corporee. L’uomo affronta i<br />

cambiamenti di clima con corrispondenti alterazioni degli abiti e dell’alloggio, di difese e<br />

di utensili. Il suo corpo può divenire meno peloso, più eretto e di colori e proporzioni<br />

diversi; “la testa e il volto sono direttamente collegati con gli organi della mente, ed<br />

essendone il mezzo esprimono i più sottili moti della sua natura”, cambiando solo con lo<br />

sviluppo del suo intelletto. Vi fu un tempo in cui egli non aveva ancora un cervello<br />

meravigliosamente sviluppato, l’organo della mente, che adesso, anche negli esemplari più<br />

bassi, lo eleva molto al di sopra dei bruti più evoluti: un tempo in cui egli aveva la forma<br />

ma non la natura dell’uomo, e non possedeva né un linguaggio né sentimenti simpatici e<br />

morali”. Wallace dice inoltre che “L’uomo può essere stato, o meglio deve essere stato una<br />

razza omogenea... nell’uomo il pelo che copre il corpo è quasi interamente scomparso”. A<br />

proposito degli uomini delle caverne di Les Eyzies, Wallace nota inoltre: “... la grande<br />

larghezza del volto, l’enorme sviluppo del ramo ascendente della mascella inferiore...<br />

indicano un’enorme forza muscolare e le abitudini di una razza brutale e selvaggia”.<br />

Sono questi i barlumi che l’antropologia ci offre degli uomini arrivati al termine di un<br />

ciclo o pronti a iniziarne uno nuovo. Guardiamo in quanto essi siano confermati dalla<br />

psicometria chiaroveggente. Il professor Denton sottopose un frammento di osso fossile<br />

all’esame di sua moglie, senza darle alcun indizio di cosa fosse. Esso le fece<br />

immediatamente rievocare scene di un popolo che il Denton pensò appartenere all’età della<br />

pietra. La signora vide uomini simili a scimmie, col corpo molto peloso, come “se il pelo<br />

naturale avesse lo scopo di vestirli”. E aggiunse: “Dubito che possano stare perfettamente<br />

eretti; le articolazioni dell’anca indicherebbero di no. A volte vedo una parte del corpo di<br />

uno di questi esseri che sembra relativamente liscia. Posso vedere la pelle, che è chiara...<br />

(1) Si dice che Orfeo abbia attribuito al grande ciclo una durata di 120.000 anni, e Cassandro di 136.000. Vedi<br />

Censorino, De die natali.<br />

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