05.12.2014 Views

ISIDE SVELATA

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Per questo tutti i monumenti religiosi dell’antichità, in ogni paese e sotto ogni clima,<br />

sono l’espressione delle stesse idee, la cui chiave è nelle dottrine esoteriche. Senza lo<br />

studio di esse, sarebbe vano cercar di penetrare i misteri sepolti da secoli nei templi e nelle<br />

rovine dell’Egitto e dell’Assiria, o in quelli dell’America Centrale, della Columbia<br />

Britannica e di Nagkon-Wat in Cambogia. Se ognuno di questi monumenti è stato costruito<br />

da nazioni diverse, nessuna delle quali ha avuto rapporti con le altre per secoli, è anche<br />

certo che tutti sono stati progettati e costruiti sotto la diretta supervisione dei sacerdoti. E il<br />

clero di ogni nazione, pur praticando riti e cerimonie che possono essere esternamente<br />

differenti, è stato evidentemente iniziato negli stessi misteri tradizionali insegnati in tutto il<br />

mondo.<br />

Per stabilire un miglior confronto tra i modelli di architettura preistorica che si trovano<br />

nei punti più opposti del globo, basterà indicare le grandiose rovine indù di Ellora nel<br />

Dakkan, il Chichen-Itza messicano nello Yucatan, e le ancora più grandiose rovine di<br />

Copan, nel Guatemala. Essi presentano tali caratteri di rassomiglianza che sembra<br />

impossibile sfuggire alla convinzione che siano stati costruiti da popoli ispirati dalle stesse<br />

idee religiose e giunti a un eguale livello di altissima civiltà nelle arti e nelle scienze.<br />

Non vi è forse sulla faccia della terra una più imponente massa di rovine di quella di<br />

Nagkon-Wat, meraviglia ed enigma degli archeologi europei che si avventurano nel Siam.<br />

E quando diciamo rovine, l’espressione non è del tutto esatta, perché in nessun luogo si<br />

possono trovare edifici di così remota antichità in miglior stato di conservazione di quelli<br />

di Nagkon-Wat e del grande tempio di Angkorthôm.<br />

Nascosto nell’interno della provincia di Siamrap — Siam orientale — in mezzo alla<br />

più lussureggiante vegetazione tropicale, circondato da quasi impenetrabili foreste di<br />

palme, di alberi di cocco e di betel, “il meraviglioso tempio ha un aspetto generale di<br />

romantica bellezza e di impressionante grandezza”, come dice un recente viaggiatore, il<br />

Vincent. (68) “Noi, che abbiamo avuto la fortuna di vivere nel diciannovesimo secolo,<br />

siamo abituati a vantarci della perfezione e della preminenza della nostra civiltà, della<br />

grandezza delle nostre conquiste nelle scienze, nelle arti, nella letteratura e in qualsiasi<br />

altra cosa in confronto di coloro che chiamiamo antichi. Ma tuttavia siamo costretti ad<br />

ammettere che essi hanno di gran lunga superato i nostri recenti sforzi in molte cose e<br />

particolarmente nelle belle arti della pittura, dell’architettura e della scultura. Abbiamo<br />

appena visto uno dei più meravigliosi esempi delle ultime due, perché per lo stile, la<br />

bellezza architettonica, la solidità di costruzione, e i magnifici ed elaborati rilievi e sculture<br />

a tutto tondo, il Grande Nagkon-Wat non ha superiori e certamente non ha rivali al giorno<br />

d’oggi. Il primo colpo d’occhio gettato su queste rovine mozza il fiato”.<br />

Così l’opinione di un nuovo viaggiatore viene ad aggiungersi a quella di molti che lo<br />

precedettero, compresi archeologi e critici competenti, i quali hanno pensato che le rovine<br />

del passato splendore egiziano non meritino un elogio più alto di quelle di Nagkon-Wat.<br />

Secondo la regola che ci siamo imposti, lasceremo a critici più imparziali di noi la<br />

descrizione del luogo, perché, in un’opera esplicitamente dedicata a rivendicare gli antichi,<br />

la testimonianza di un avvocato entusiasta come chi scrive può essere messa in dubbio.<br />

Abbiamo tuttavia visto Nagkon-Wat in circostanze eccezionalmente favorevoli e possiamo<br />

quindi confermare la generale esattezza della descrizione del Vincent. Egli dice:<br />

“Entrammo in una immensa strada rialzata i cui gradini erano fiancheggiati da sei<br />

enormi grifoni, ognuno scolpito in un solo blocco di pietra. La strada è lunga... 725 piedi<br />

(68) Frank Vincent jun., The Land of the White Elephant, pag. 209.<br />

467

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!