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ISIDE SVELATA

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commentatori, Platone ignorava totalmente l’anatomia e le funzioni del corpo umano, non<br />

sapeva nulla dell’uso dei nervi per convogliare le sensazioni, e non aveva altro di meglio<br />

da offrire che vane speculazioni relative ai problemi fisiologici. Egli ha semplicemente<br />

generalizzato le divisioni del corpo umano, a quanto essi affermano, e non ci ha dato nulla<br />

che ricordi i fatti anatomici. Quanto alle sue opinioni sulla struttura umana, poiché il<br />

microcosmo, secondo le sue idee, era l’immagine in miniatura del macrocosmo, esse sono<br />

troppo trascendentali perché vi possa essere rivolta la minima attenzione da parte dei nostri<br />

esatti e materialisti scettici. L’idea che questa struttura, come quella dell’universo, sia<br />

formata di triangoli, sembra assurdamente ridicola a parecchi dei suoi commentatori. Solo,<br />

fra questi, il professor Jowett, nella sua introduzione al Timeo, nota onestamente che il<br />

fisico moderno “concede appena alle sue conoscenze il merito di essere “le ossa dei<br />

defunti” su cui egli si è elevato a una più alta conoscenza”;(55) dimenticando quanto la<br />

metafisica dei tempi antichi abbia aiutato le scienze “fisiche” del giorno d’oggi. Se, invece<br />

di contendere sull’insufficienza e a volte l’assenza di termini e di definizioni strettamente<br />

scientifiche nelle opere di Platone, le analizziamo attentamente, troveremo che il Timeo, da<br />

solo, contiene nel suo limitato spazio i germi di ogni nuova scoperta. La circolazione del<br />

sangue e la legge di gravitazione vi sono evidentemente menzionate, sebbene la prima,<br />

forse, non sia abbastanza chiaramente definita per far fronte ai reiterati attacchi della<br />

scienza moderna. Perché, secondo il prof. Jowett, la specifica scoperta che il sangue fluisce<br />

da un lato del cuore attraverso le arterie e torna all’altra attraverso le vene, gli era<br />

sconosciuta, sebbene’Platone fosse perfettamente consapevole che “il sangue è un fluido in<br />

continuo movimento”.<br />

Il metodo di Platone, come quello della geometria, era di scendere dall’universale al<br />

particolare. La scienza moderna cerca invano una causa prima nella permutazione delle<br />

molecole; Platone la cercò e la trovò nella maestosa rotazione dei mondi. Per lui era<br />

sufficiente conoscere il grande schema della creazione e poter seguire i più imponenti<br />

movimenti dell’universo attraverso i loro mutamenti e i loro fini. I piccoli particolari su cui<br />

si esercita la pazienza degli scienziati moderni, attiravano ben poco l’attenzione degli<br />

antichi filosofi. Per questo, mentre un ragazzino della quinta classe di una scuola inglese<br />

può chiacchierare più dottamente sulle piccole cose della fisica che non lo stesso Platone,<br />

tuttavia, d’altra parte, il più ottuso dei discepoli di Platone potrebbe dir di più circa le leggi<br />

cosmiche e le loro reciproche relazioni, e dimostrare una familiarità con le forze occulte<br />

che stanno dietro di esse, e un controllo su tali forze, superiori a quelli del più dotto<br />

professore della più distinta accademia dei nostri giorni.<br />

Questo fatto, così poco apprezzato e non mai approfondito dai traduttori di Platone,<br />

spiega gli autoincensamenti a cui indulgono i moderni a spese di quel filosofo e dei suoi<br />

compagni. I loro cosiddetti errori in anatomia e fisiologia sono ingranditi esageratamente<br />

per soddisfare il nostro amor proprio, così che, convincendoci sempre più della nostra<br />

superiore sapienza, perdiamo di vista lo splendore intellettuale che illumina le epoche<br />

passate. E come se qualcuno magnificasse nella sua fantasia le macchie solari fino a<br />

credere di avere totalmente eclissato la luce del sole.<br />

L’inutilità della ricerca scientifica moderna è mostrata dal fatto che, mentre abbiamo<br />

un nome per le più triviali particelle dei minerali, delle piante, degli animali o dell’uomo, il<br />

più sapiente dei nostri insegnanti è incapace di dirci qualche cosa di definito circa la forza<br />

(55) B. Jowett, M.A., The Dialogues of Plato, vol. II, pag. 508.<br />

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