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ISIDE SVELATA

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Le rovine che coprono le due Americhe e che si trovano in molte isole delle Indie<br />

Occidentali, sono tutte attribuite agli Atlantidi sommersi. Al pari degli ierofanti. dei<br />

vecchio mondo, il quale, al tempo dell’Atlantide era quasi collegato col nuovo dalla terra, i<br />

maghi della regione oggi sommersa avevano una rete di passaggi sotterranei che andavano<br />

in tutte le direzioni. In relazione a queste misteriose catacombe, esporremo adesso una<br />

curiosa storia raccontataci da un Peruviano morto da tempo, mentre stavamo lavorando<br />

insieme nell’interno di questo paese. Deve esservi in essa una certa verità, come mi fu poi<br />

confermato da un Italiano che aveva visto i luoghi e che, se avesse avuto i mezzi e il<br />

tempo, avrebbe verificato lui stesso la storia, almeno in parte. L’informatore dell’Italiano<br />

era un vecchio prete a cui il segreto era stato comunicato in confessione da un Indio<br />

peruviano. Possiamo aggiungere, inoltre, che il prete fu costretto a fare la rivelazione<br />

trovandosi completamente sotto l’influenza mesmerica del viaggiatore.<br />

La storia riguarda i famosi tesori dell’ultimo degli Incas. Il Peruviano affermava che,<br />

dopo il noto e miserabile assassinio di lui da parte di Pizarro, il segreto fu conosciuto da<br />

tutti gli Indiani, eccettuati i Mestitzos, in cui non si aveva fiducia. Eccola. L’Inca fu fatto<br />

prigioniero, e sua moglie offri, per la sua liberazione, una stanza piena d’oro “dal<br />

pavimento al soffitto, fino all’altezza che il conquistatore poteva raggiungere”, prima del<br />

tramonto del terzo giorno. Ella mantenne la sua promessa, ma Pizarro venne meno alla sua<br />

parola, secondo l’uso spagnolo. Meravigliato dalla vista di tali tesori, il conquistatore<br />

dichiarò che non avrebbe rilasciato il prigioniero, ma lo avrebbe ucciso, se la regina non<br />

rivelava il luogo da cui il tesoro proveniva. Aveva sentito dire che gli Inca avevano in<br />

qualche parte una miniera inesauribile: una strada sotterranea, o galleria, che correva per<br />

molte miglia sotto terra, dove erano accumulate e custodite le ricchezze del paese. La<br />

disgraziata regina chiese una dilazione e andò a consultare gli oracoli. Durante il sacrificio,<br />

il gran sacerdote le mostrò, nello “specchio nero” (33) consacrato, l’inevitabile uccisione di<br />

Quest’ultima tradizione, tradotta da Louis Jacolliot da manoscritti sanscriti conferma quel-la che<br />

abbiamo tratto dai Ricordi della dottrina segreta. La guerra fra gli uomini gialli e gli uomini neri si riferisce a<br />

una lotta tra i “figli di Dio e i “figli dei giganti”, ossia gli abitanti e i maghi dell’Atlantide.<br />

La conclusione finale di Jacolliot, che visitò personalmente tutte le isole della Polinesia e dedicò anni<br />

allo studio delle religioni, delle lingue e delle tradizioni di quasi tutti i popoli, è la seguente:<br />

“Quanto al continente polinesiano che scomparve al tempo dell’ultimo cataclisma geologico, la sua<br />

esistenza è fondata su prove di cui, logicamente, non possiamo più dubitare.<br />

“Le tre sommità di questo continente, le isole Sandwich, la Nuova Zelanda e l’Isola di Pasqua, distano<br />

l’una dall’altra da 1500 a 1800 leghe, e i gruppi di isole intermedie, Viti, Samoa, Tonga, Foutouna, Ouvea,<br />

Marchesi, Tahiti, Poumouton, Gambiers, distano da questi punti estremi dalle sette o ottocento alle mille<br />

leghe.<br />

“Tutti i navigatori concordano nel dire che i gruppi estremi e quelli centrali non avrebbero mai potuto<br />

comunicare data la loro posizione geografica attuale e gli insufficienti mezzi di cui dispongono. É<br />

materialmente impossibile superare queste distanze con una piroga... senza bus-sola e navigando per mesi<br />

senza provviste.<br />

“D’altra parte gli aborigeni delle isole Sandwich, di Viti, della Nuova Zelanda, del gruppo centrale, di<br />

Samoa, Tahiti ecc. non si erano mai conosciuti reciprocamente né avevano mai sentito parlare gli uni degli<br />

altri prima dell’arrivo degli Europei. E tuttavia ognuno di questi popoli sosteneva che la sua isola aveva un<br />

tempo fatto parte di un ‘immensa distesa di terra che si volge-va verso occidente, dalla parte dell’Asia. E<br />

tutti parlavano la stessa lingua, avevano gli stessi usi e costumi, le stesse credenze religiose. E tutti alla<br />

domanda: “Dov’è la culla della vostra razza?” per unica risposta tendevano la mano verso il sole calante’”.<br />

(Ivi, pag. 308).<br />

(33) Questi “specchi magici”, generalmente neri, sono un’altra prova dell’universalità di una identica credenza.<br />

In India tali specchi sono prodotti nella provincia di Agra e sono anche fabbricati in Tibet e in Cina. E li<br />

troviamo nell’antico Egitto, di dove, secondo lo storico indigeno citato da Brasseur de Bourbourg, gli antenati<br />

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