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ISIDE SVELATA

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Manava, o Antico codice di Manu, non ancora interamente ricostruito, sebbene molti passi<br />

del libro siano stati conservati dalla tradizione e siano spesso citati dai commentatori”.<br />

“Leggiamo nella prefazione a un trattato sulla legislazione di Narada”, scrive Jacolliot,<br />

“scritta da un suo adepto, sostenitore del potere brahmanico: “Manu, dopo avere scritto le<br />

leggi di Brahma in 100.000 sloka, ossia distici, che formavano ventiquattro libri e un<br />

migliaio di capitoli, diede l’opera a Narada, il saggio dei saggi, il quale la abbreviò a<br />

12.000 versi per uso del genere umano, e la diede a un figlio di Brighou di nome Soumati,<br />

il quale, perché fosse ancor più adatta all’uomo, la ridusse a 4.000.”“<br />

Abbiamo qui l’opinione di Sir William Jones, il quale, nel 1794, affermava che i<br />

frammenti in possesso degli Europei non potevano essere L’antico codice di Manu, e<br />

quella di Louis Jacolliot, il quale, nel 1868, dopo avere consultato tutte le autorità e avere<br />

aggiunto a esse i risultati delle sue lunghe e pazienti ricerche, scrive: “Le leggi indù<br />

vennero codificate da Manu più di 3.000 anni prima dell’era cristiana, e copiate da tutta<br />

l’antichità, in particolare da Roma, la sola che ci abbia lasciato una legge scritta nel Codice<br />

di Giustiniano, adottato come base di tutta la legislazione moderna”. (19)<br />

In un altro volume, intitolato Christna et le Christ, criticando scientificamente un pio,<br />

sebbene molto dotto antagonista cattolico, Testor de Ravisi, il quale cerca di dimostrare<br />

che l’ortografia del nome Christna non e conforme alla pronuncia sanscrita — e ha la<br />

peggio nella discussione — Jacolliot nota: “Sappiamo che il legislatore Manu si perde<br />

nella notte del periodo preistorico indiano, e che nessun indianista oserebbe rifiutargli il<br />

titolo di più antico legislatore del mondo” (pag. 350).<br />

Ma Jacolliot non aveva sentito parlare del rev. Dunlop Moore. Forse per questo egli e<br />

vari altri indianologi si preparano a dimostrare che molti testi vedici, al pari di quelli di<br />

Manu, mandati in Europa dalla Asiatic Society di Calcutta, non sono affatto genuini ma per<br />

lo più dovuti agli astuti sforzi di alcuni missionari gesuiti per metter fuori strada la scienza<br />

con alcune opere apocrife onde gettare una nube di incertezza e di oscurità sulla storia<br />

dell’antica India, e sospetti di interpolazioni sistematiche sui brahmani e i sapienti indiani<br />

moderni. “Questi fatti”, aggiunge, “che sono così bene stabiliti in India da non venire mai<br />

messi in discussione, devono essere rivelati all’Europa” (Christna et le Christ, pag. 347).<br />

Inoltre il Codice di Manu, conosciuto dagli orientalisti europei come quello<br />

commentato da Brighou, non forma nemmeno una parte dell’antico Manu intitolato<br />

Vriddha-Manava. Sebbene solo pochi frammenti di esso siano stati scoperti dai nostri<br />

scienziati, esiste per intero in certi templi; e Jacolliot dimostra che i testi mandati in Europa<br />

differiscono interamente dagli stessi testi che si trovano nelle pagode dell’India<br />

meridionale. Possiamo anche citare, per il nostro scopo, Sir William Jones, il quale,<br />

lamentandosi di Callouca, nota che questi non sembra avere considerato, nei suoi<br />

commenti, che “le leggi di Manu sono limitate ai primi tre secoli” (Translation of Manu<br />

and Commentaries).<br />

L’epoca dei Veda e di Manu<br />

Secondo i calcoli, noi siamo adesso nell’età di Kali-Yug, la quarta, partendo da quella<br />

di Satya o Kritayug, prima età in cui la tradizione indù stabilisce le leggi di Manu, e la cui<br />

autenticità e implicitamente accettata da Sir William Jones. Ammettendo tutto quello che<br />

può essere detto circa le esagerazioni della cronologia indù — la quale, per inciso concorda<br />

assai meglio con la geologia e l’antropologia moderne che non i 6000 anni della ridicola<br />

(19) La Bible dans l’Inde.<br />

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