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ISIDE SVELATA

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secondo Petronio, (66) trattava della natura: fatti che aveva verificato lui stesso. E noi<br />

troviamo che non solo egli non credeva ai miracoli e li rifiutava, ma affermava che tutti<br />

quelli che erano stati accertati da testimoni oculari erano o potevano essere avvenuti;<br />

perché tutti, anche i più incredibili, erano prodotti secondo le “leggi nascoste della<br />

natura”. (67)<br />

“Non verrà mai il giorno in cui alcuna delle proposizioni di Euclide sarà negata, (68)<br />

dice il professor Draper esaltando gli aristotelici a spese dei pitagorici e dei platonici.<br />

Dovremo, in tal caso, non credere alle numerose autorità bene informate (Lemprière fra gli<br />

altri) le quali affermano che i quindici libri di Elementi non sono interamente attribuiti a<br />

Euclide, e che molte delle più valide verità e dimostrazioni in essi contenute sono dovute a<br />

Pitagora, a Talete e a Eudosso? Che Euclide, nonostante il suo genio, fu solo il primo a<br />

metterle in ordine limitandosi a inserirvi sue proprie teorie per rendere l’insieme un<br />

sistema di geometria completo e organico? Se queste autorità hanno ragione, i moderni<br />

tornano a essere debitori a quel sole centrale della scienza metafisica che è Pitagora e la<br />

sua scuola, di uomini come Eratostene, famoso geometra e cosmografo, Archimede e<br />

perfino Tolomeo pur con tutti i suoi ostinati errori. Se non fosse stato per la scienza esatta<br />

di tali uomini e per i frammenti delle loro opere che essi ci lasciarono come fondamento<br />

delle speculazioni galileiane, i grandi sacerdoti del diciannovesimo secolo si troverebbero<br />

forse sottomessi alla Chiesa e filosoferebbero, nel. 1876, sulla cosmogonia di Agostino e di<br />

Beda, sulla rotazione della canopia celeste intorno alla terra e sulla maestosa piattezza di<br />

essa.<br />

Il diciannovesimo secolo sembra decisamente condannato a confessioni umilianti. A<br />

Feltre, in Italia, si erige una statua a Panfilo Castaldi, illustre inventore dei caratteri mobili<br />

da stampa, e si aggiunge, nell’iscrizione, la generosa confessione che l’Italia gli rende<br />

“questo tributo di onore troppo a lungo differito”. Ma la statua è stata appena collocata<br />

quando il colonnello Yule consiglia agli abitanti di Feltre di “bruciarla nella calce viva”,<br />

dimostrando che molti viaggiatori, oltre Marco Polo, hanno riportato in patria dalla Cina<br />

caratteri mobili di legno e campioni di libri cinesi il cui intero testo era stampato con questi<br />

caratteri. (69) Noi abbiamo visto in vari conventi lamaisti tibetani, in cui vi sono stamperie,<br />

questi caratteri, conservati come curiosità. Sappiamo che risalgono alla più remota<br />

antichità, in quanto i caratteri sono stati perfezionati e sostituiti agli antichi in epoca<br />

contemporanea ai più antichi ricordi del lamaismo buddhista. Essi devono dunque essere<br />

esistiti in Cina prima dell’epoca cristiana.<br />

Meditiamo sulle sagge parole del professor Roscoe nella sua conferenza sull’Analisi<br />

dello spettro: “le verità dell’infanzia umana devono essere rese utili. Né voi né io, forse,<br />

possiamo vedere il come e il dove, ma nessuno che conosca qualche cosa della scienza può<br />

dubitare per un attimo che a ogni momento può venire il tempo in cui i più oscuri segreti<br />

della natura saranno usati a beneficio dell’umanità. Chi avrebbe potuto prevedere che la<br />

scoperta che le gambe di una rana morta scattano se toccate da due metalli diversi avrebbe<br />

portato in pochi anni alla scoperta del telegrafo elettrico?”<br />

Il professor Roscoe dice che, visitando Kirchhoff e Bunsen, quando essi stavano<br />

facendo le loro grandi scoperte sulla natura delle linee di Fraunhoffer, gli balenò<br />

d’improvviso alla mente che nel sole doveva esservi del ferro, presentando così una nuova<br />

(66) Satyricon. Vitruvio, Architettura, lib. IX, cap. 3.<br />

(67) Plinio, Storia naturale.<br />

(68) Conflict between Religion and Science.<br />

(69) Book of Ser Marco Polo, vol. I, pagg. 133-135.<br />

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