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ISIDE SVELATA

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Essays (Saggi filosofici), dice: “Non vi fu certo mai un così gran numero di miracoli<br />

attribuiti a una persona come quelli che si dice siano avvenuti recentemente in Francia<br />

sulla tomba dell’abate Paris. La guarigione dei malati, la restituzione dell’udito ai sordi e<br />

della vista ai ciechi erano dappertutto considerate come effetti dei santo sepolcro. Ma, cosa<br />

ancor più straordinaria, molti di questi miracoli erano immediatamente comprovati sul<br />

posto, davanti a giudici di reputazione ineccepibile, in un secolo colto e sul più eminente<br />

teatro che vi sia oggi nel mondo... e i Gesuiti, con tutta la loro cultura, e sostenuti da<br />

magistrati civili, decisi nemici di quelle opinioni in favore delle quali si diceva che fossero<br />

avvenuti i miracoli, non riuscirono mai a negarli completamente o a spiegarli... questo è<br />

provato storicamente”. (59) Il dott. Middleton, nella sua Free Enquiry (Libera inchiesta), un<br />

libro da lui scritto quando le manifestazioni stavano già decrescendo, circa diciannove anni<br />

dopo il loro inizio, afferma che l’evidenza di questi miracoli è assolutamente sicura come<br />

quella delle meraviglie narrate dagli apostoli.<br />

I fenomeni così bene autenticati da migliaia di testimoni davanti ai magistrati, e a<br />

dispetto del clero cattolico, sono fra i più straordinari della storia. Carré de Montgeron,<br />

membro del parlamento e divenuto famoso per i suoi legami con i giansenisti, li enumera<br />

accuratamente nella sua opera che comprende quattro grossi volumi in quarto, il primo dei<br />

quali è dedicato al re con il titolo: “La Vérité des Miracles opérés par l’intercession de M.<br />

Paris, démontrée contre l’Archéveque de Sens. Ouvrage dédié au Roi par M. de<br />

Montgeron, Conseiller au Parlement”. L’autore presenta un vasto numero di prove<br />

personali e ufficiali sulla veracità di ogni caso. Per aver parlato irrispettosamente del clero<br />

romano, Montgeron fu chiuso nella Bastiglia, ma l’opera venne accettata.<br />

E veniamo adesso alle vedute del dott. Figuier circa questi notevoli e indiscutibili<br />

fenomeni storici. “Una convulsionaria si piega all’indietro ad arco, con le reni sostenute<br />

dalla punta acuta di un palo”, cita il dotto autore dai processi verbali. Ella chiede di essere<br />

colpita con una pietra di. cinquanta libbre, tenuta da una corda che passa per una puleggia<br />

fissata al soffitto. La pietra, sollevata fino alla massima altezza, cade con tutto il suo peso<br />

sullo stomaco della paziente, mentre il suo dorso permane sulla punta aguzza del palo.<br />

Montgeron e altri numerosi testimoni affermano che né la carne né la pelle del dorso<br />

furono mai minimamente scalfite, e che la ragazza, per mostrare di non soffrire alcuna<br />

pena, continuava a gridare: “Colpite più forte,<br />

più forte”!<br />

“Jeanne Maulet, una ragazza di vent’anni, con il dorso appoggiato a un muro, riceveva<br />

sullo stomaco un centinaio di colpi di un martello da fabbro ferraio del peso di trenta<br />

libbre; i colpi, somministrati da un uomo molto forte, erano così terribili da far tremare il<br />

muro. Per verificarne la forza, Montgeron ne fece la prova sul muro di pietra contro il<br />

quale stava la ragazza ─ egli prese uno di quegli strumenti di guarigione giansenista detti il<br />

GRAND SECOURS. Al venticinquesimo colpo, egli scrive, “la pietra su cui battevo, smossa<br />

dai colpi precedenti, improvvisamente si liberò e cadde dall’altra parte del muro lasciando<br />

un’apertura di circa mezzo piede di lato.” Quando i colpi sono diretti con violenza contro<br />

una punta di trapano tenuta sullo stomaco di un convulsionario (il quale spesso è una<br />

debole donna), “sembra”, dice Montgeron, “che essa dovrebbe penetrare attraverso la spina<br />

dorsale rompendo le viscere sotto la forza dei colpi stessi” (vol. I, pag. 380). “Ma lungi da<br />

questo, il convulsionario grida con un’espressione di perfetto rapimento: “Oh, che piacere!<br />

(59) Hume, Philosophical Essays, pag. 195.<br />

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