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ISIDE SVELATA

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dagli Egiziani, i quali l’avevano avuta dai brahmani dell’India”. (28) Fénelon, l’illustre<br />

arcivescovo di Cambrai, nelle sue Vies des Anciens philosophes, fa credito a Pitagora di<br />

questa conoscenza, e dice che, oltre a insegnare ai suoi discepoli che, poiché la terra era<br />

rotonda e dato che essa era abitata dappertutto, vi erano degli antipodi, il grande<br />

matematico fu il primo a scoprire che la stella del mattino e quella della sera erano la stessa<br />

stella. Se consideriamo adesso che Pitagora visse verso la 16 a olimpiade, più di settecento<br />

anni a.C., e che insegnava questo fatto in un periodo così remoto, dobbiamo pensare che<br />

esso sia stato conosciuto da altri prima di lui. Le opere di Aristotele, di Laerzio e di vari<br />

altri in cui Pitagora viene menzionato, dimostrano che egli aveva appreso dagli Egiziani le<br />

sue nozioni sull’obliquità dell’eclittica, sulla composizione stellare della via lattea e sulla<br />

luce riflessa della luna.<br />

Wilkinson, confermato poi da altri, dice che gli Egiziani dividevano il tempo,<br />

conoscevano la vera lunghezza dell’anno e la precessione degli equinozi. Prendendo nota<br />

del sorgere e del tramontare delle stelle, essi capirono le particolari influenze che<br />

procedono dalla posizione e dalla congiunzione di tutti i corpi celesti, e quindi i loro<br />

sacerdoti, procedendo con la stessa esattezza dei nostri astronomi i cambiamenti<br />

meteorologici, potevano, per di più, praticare l’astrologia attraverso i moti astrali. Sebbene<br />

il cauto ed eloquente Cicerone possa avere una certa ragione nel suo sdegno contro le<br />

esagerazioni dei sacerdoti caldei, i quali “affermavano di avere conservato sui monumenti<br />

osservazioni che risalgono a un periodo di 470.000 anni”, (29) tuttavia l’epoca in cui<br />

l’astronomia degli antichi giunse alla sua perfezione risale molto al di là dei calcoli<br />

moderni.<br />

In uno dei nostri giornali scientifici uno scrittore osserva “che ogni scienza, nel suo<br />

sviluppo, passa attraverso tre stadi: dapprima abbiamo lo stadio dell’osservazione, quando<br />

i fatti vengono raccolti e registrati da molte menti in molti luoghi. Poi abbiamo lo stadio<br />

della generalizzazione quando questi fatti, accuratamente verificati, vengono sistemati<br />

metodicamente, generalizzati sistematicamente e classificati logicamente così che si<br />

possono dedurre ed elucidare, grazie a essi, le leggi che regolano il loro ordine. Infine<br />

abbiamo lo stadio della profezia, quando queste leggi vengono applicate in modo che gli<br />

eventi possono essere predetti con perfetta esattezza”. Se, parecchie migliaia di anni prima<br />

di Cristo, gli astronomi cinesi e caldei prevedevano le eclissi — poco importa se questi<br />

ultimi lo facevano mediante il ciclo di Saros o con altri mezzi — il fatto rimane<br />

egualmente. Essi avevano raggiunto l’ultimo e più alto stadio della scienza astronomica;<br />

profetizzavano. Se, nell’anno 1722 a. C., poterono delineare lo zodiaco con l’esatta<br />

posizione dei pianeti nel momento dell’equinozio di autunno, e con la precisione<br />

confermata dall’astronomo professor Mitchell, essi dovevano conoscere alla perfezione le<br />

leggi che regolano i “fatti accuratamente verificati” e le applicarono con la stessa sicurezza<br />

dei nostri astronomi. Inoltre si è detto che l’astronomia, nel nostro secolo, “è l’unica<br />

scienza che ha completamente raggiunto l’ultimo stadio... le altre scienze sono ancora in<br />

varie fasi di sviluppo; lo studio dell’elettricità, in alcuni rami, ha raggiunto il terzo stadio,<br />

ma in altri è ancora nel periodo infantile”. (30) Lo sappiamo per esasperanti confessioni<br />

degli stessi uomini di scienza, e non possiamo avere dubbi su questa triste verità del secolo<br />

diciannovesimo perché viviamo in esso. Non è così degli uomini che vissero al tempo della<br />

gloria della Caldea, dell’Assiria e della Babilonia. Degli stadi da loro raggiunti in altre<br />

(28) Jablonski, Pantheon Aegypti, II, proleg. 10.<br />

(29) Cicerone, De Divinatione.<br />

(30) “Telegraphic Journal”, art. Scientific Prophecy.<br />

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