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ISIDE SVELATA

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Se crediamo alla tradizione, dobbiamo credere alla storia successiva che, dal<br />

frammischiarsi della progenie degli ierofanti dell’isola con i discendenti del Noè<br />

atlantideo, nacque una razza mista di giusti e di malvagi. Da un lato il mondo ebbe i suoi<br />

Enoch, Mosè, Gautama-Buddha, i suoi numerosi “Salvatori” e grandi ierofanti; e dall’altro<br />

i suoi “maghi naturali” che, non essendo trattenuti dal potere della propria luce spirituale, e<br />

per la debolezza delle organizzazioni fisica e mentale, pervertirono senza volerlo le loro<br />

doti in cattivi propositi. Mosé non ebbe una parola di biasimo per quegli adepti nella<br />

profezia e in altri poteri che erano stati istruiti nei collegi di sapienza esoterica (31)<br />

menzionati dalla Bibbia. Le sue condanne erano riservate a coloro che, volontariamente o<br />

no, degradavano i poteri ereditati dai loro antenati atlantidei mettendoli al servizio di<br />

cattivi spiriti a danno dell’umanità. La sua ira fu accesa contro lo spirito di Ob, non contro<br />

quello di OD. (32)<br />

(31) Re, XXII, 14; Cronache XXXIV, 22.<br />

(32)<br />

Al momento di mandare in stampa questo capitolo, abbiamo ricevuto da Parigi, grazie alla cortesia<br />

dell’Onorevole John L. O’Sullivan, le opere complete di Louis Jacolliot in ventun volumi. Sono per lo più<br />

sull’India e sulle sue tradizioni, la sua filosofia e la sua religione. Questo infaticabile scrittore ha raccolto un<br />

mondo di informazioni da varie fonti, per la maggior parte originali. Sebbene non accettiamo le sue opinioni<br />

personali su molti punti, riconosciamo tuttavia l’estrema validità delle sue numerose traduzioni dei libri sacri<br />

indiani. Tanto più in quanto confermano sotto ogni rispetto le affermazioni che abbiamo fatto. Fra gli altri<br />

esempi la sommersione di continenti nei tempi preistorici.<br />

Nella sua Histoire des Vierges: Les Peuples et les Continents Disparus, egli dice: “Una delle più antiche<br />

leggende dell’India, conservate nei templi della tradizione orale e scritta, riferisce che molte centinaia di<br />

migliaia di anni fa, esisteva nell’oceano Pacifico un immenso continente che fu distrutto da uno<br />

sconvolgimento geologico, e i cui residui devono essere cercati in Madagascar, Ceylon, Sumatra, Giava,<br />

Borneo e le principali isole della Polinesia.<br />

“Gli altipiani dell’Indostan e dell’Asia, secondo tale ipotesi, sarebbero stati rappresentati, in quelle<br />

epoche remote, solo da grandi isole contigue al continente centrale... Secondo i brahmani questa regione<br />

aveva raggiunto un’alta civiltà, e la penisola dell’Indostan, allargata dallo spostamento delle acque al tempo<br />

del grande cataclisma, non ha fatto che continuare la catena delle tradizioni primitive nate in questo luogo.<br />

Queste tradizioni danno il nome di Ruta ai popoli che abitarono questo immenso continente equinoziale, e dal<br />

loro linguaggio fu derivato il sanscrito”. (Avremo qualche cosa da dire su questo linguaggio nel secondo<br />

volume).<br />

“La tradizione indo-ellenica, mantenuta dalla più intelligente popolazione che emigrò dalle pianure<br />

dell’India, riferisce egualmente l’esistenza di un continente e di un popolo a cui dà il no-me di Atlantis, o<br />

Atlantide, e che localizza nell’Atlantico, nella regione settentrionale dei Tropici.<br />

“A parte il fatto che la supposizione di un antico continente in quelle latitudini, le cui vestigia si<br />

possono trovare nelle isole vulcaniche e nelle superfici montagnose delle Azzorre, delle Canarie e del Capo<br />

Verde, non è priva di probabilità geografica, i Greci, che, oltre tutto, non osarono mai spingersi oltre le<br />

colonne d’Ercole, per il loro timore del misterioso oceano, appaiono troppo tardi nell’antichità perché le<br />

storie conservate da Platone siano qualche cosa di diverso da un’eco della leggenda indiana. Inoltre, se<br />

gettiamo uno sguardo al planisfero, alla vista delle isole e isolette disseminate dall’Arcipelago malese alla<br />

Polinesia e dagli stretti della Sonda all’Isola di Pasqua, è impossibile, accettando l’ipotesi di continenti che<br />

precedettero quello in cui abitiamo, non porre lì il più importante di tutti.<br />

“Una credenza religiosa comune alla Malacca e alla Polinesia, ossia ai due estremi opposti del mondo<br />

oceanico, afferma “che tutte queste isole una volta formavano due immense regioni abitate da uomini gialli e<br />

da uomini neri sempre in guerra; e che gli dèi, stanchi dei loro litigi, in-caricarono l’oceano di pacificarli:<br />

questo inghiotti i due continenti e in seguito fu impossibile fargli restituire la sua preda. Solo i picchi montani<br />

e gli altipiani sfuggirono all’inondazione per il potere degli dèi, che troppo tardi si avvidero dell’errore<br />

commesso.”<br />

“Qualunque cosa possa esservi di vero in questa tradizione, e quale che possa essere stato il luogo in cui<br />

si sviluppò una civiltà più antica di quella di Roma, della Grecia, dell’Egitto e dell’India, è certo che questa<br />

civiltà esistette, e che è importantissimo per la scienza scoprirne le tracce per quanto deboli ed elusive<br />

possano essere”. (pagg. 13-15).<br />

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