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ISIDE SVELATA

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ognuno di loro morì nella settimana seguente. Disperati, i paesani dissotterrarono il<br />

cadavere e lo inchiodarono a terra con un lungo paletto. La stessa notte egli apparve di<br />

nuovo facendo impazzire la gente di terrore e soffocando parecchie persone. Allora le<br />

autorità del villaggio affidarono il corpo alle mani del carnefice, che lo portò in un campo<br />

vicino e lo bruciò. “Il cadavere”, dice des Mousseaux citando don Calmet, “urlò come un<br />

pazzo, scalciando e piangendo come se fosse stato vivo. Quando venne trafitto ancora con<br />

dei pioli appuntiti, diede grida acute e vomitò masse di sangue. Le apparizioni di questo<br />

spettro cessarono solo quando il cadavere fu ridotto in cenere”. (30)<br />

Degli ufficiali di giustizia visitarono i luoghi che si dicevano essere stati così infestati;<br />

i corpi furono esumati, e in quasi ogni caso si trovò che i cadaveri sospettati di vampirismo<br />

apparivano sani e coloriti, senza alcun segno di decomposizione. Gli oggetti che<br />

appartenevano a questi fantasmi si muovevano per la casa senza che alcuno li toccasse. Ma<br />

le autorità legali, in genere, si rifiutarono di ricorrere alla cremazione e alla decapitazione<br />

prima che fossero state osservate le più strette regole della procedura giuridica. Vennero<br />

chiamati testimoni e ogni deposizione fu ascoltata e attentamente vagliata. Dopo di che<br />

vennero esaminati i cadaveri e, se mostravano inequivocabili caratteristiche di vampirismo,<br />

furono consegnati al carnefice.<br />

“Ma”, osserva don Calmet, (31) “la principale difficoltà consiste nel sapere come questi<br />

vampiri possano lasciare le loro tombe e rientrarvi senza che la terra appaia minimamente<br />

smossa; come mai vengono visti con i loro abiti consueti? Come possono andare in giro,<br />

camminare e mangiare?... Se tutto questo è immaginazione di coloro che si credono<br />

molestati dai vampiri, come avviene che i fantasmi incriminati sono poi trovati nelle loro<br />

tombe... senza che mostrino alcun segno di decomposizione, pieni di sangue, morbidi e<br />

freschi? Come spiegare perché i loro piedi appaiono sudici e coperti di fango il giorno<br />

dopo la notte in cui sono apparsi spaventando i loro vicini, mentre nulla di simile fu mai<br />

trovato sugli altri cadaveri dello stesso cimitero? (32) E perché, una volta bruciati, non<br />

riappaiono più? Perché questi casi appaiono così spesso in questa regione che è impossibile<br />

guarire il popolo da tale pregiudizio? In realtà, invece di distruggerla, l’esperienza<br />

quotidiana rafforza nel popolo la superstizione e aumenta la sua fede in essa”. (33)<br />

Vi è un fenomeno di natura sconosciuta e che, di conseguenza, è respinto dalla<br />

fisiologia e dalla psicologia del nostro secolo scettico. Questo fenomeno è uno stato di<br />

semi-morte. Virtualmente il corpo è morto; e, nei casi di persone in cui la materia non<br />

predomina sullo spirito e la malvagità non è tale da distruggere la spiritualità, l’anima<br />

astrale, se lasciata libera, si districherà da sola con sforzi graduali, e, spezzato l’ultimo<br />

legame, si troverà separata per sempre dal suo corpo terreno. Un’eguale polarità magnetica<br />

spingerà violentemente l’uomo etereo lungi dalla massa organica in decomposizione. Tutta<br />

la difficoltà consiste nel fatto che, 1) l’estremo momento di separazione fra i due è<br />

considerato quello in cui il corpo è dichiarato morto dalla scienza; e 2) la prevalente<br />

negazione dell’esistenza di un’anima o di uno spirito nell’uomo da parte della stessa<br />

scienza.<br />

Pierart cerca di dimostrare che in ogni caso è pericoloso seppellire le persone troppo<br />

presto, anche se il corpo presenta innegabili segni di decomposizione. “Se poveri morti<br />

(30) Hauts Phén. pag. 196.<br />

(31) Ivi.<br />

(32) Vedi la stessa testimonianza giurata nei documenti ufficiali; De l’Inspir. des Camis., H. Blanc, Plon,<br />

Parigi 1859.<br />

(33) Don Calmet, Apparit., vol. II, cap. XLIV, pag. 212.<br />

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