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ISIDE SVELATA

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come la Diade pitagorica evolve dalla più alta e superiore Monade. (21) La Monade del<br />

filosofo di Samo è la Monade indù (mente), “che non ha una causa prima (apûrva, o causa<br />

materiale) né può essere distrutta”. (22) Brahma, come Prajàpati, si manifesta anzitutto<br />

come “dodici corpi” o attributi che sono rappresentati dai dodici &i che simbolizzano 1) il<br />

Fuoco; 2) il Sole; 3) il Soma, che dà l’onniscienza; 4) tutti gli esseri viventi; 5) il Vayn, o<br />

Etere materiale; 6) la Morte, o soffio di distruzione: Siva; 7) la Terra; 8) il Cielo; 9) Agni,<br />

il Fuoco immortale; 10) Aditya, il Sole. invisibile immateriale e femminile; 11) la Mente;<br />

12) il grande Ciclo Infinito “che non si può arrestare”. (23) In seguito Brahma si dissolve<br />

nell’Universo visibile, ogni atomo del quale è lui stesso. Avvenuto questo, la Monade non<br />

manifesta, indivisibile e infinita si ritira nella indisturbata e maestosa solitudine della sua<br />

unità. La divinità manifesta, dapprima diade, diviene una triade; la sua qualità triuna emana<br />

incessantemente poteri spirituali che diventano dèì immortali (anime). Ognuna di queste<br />

anime deve essere unita a turno con un essere umano, e dal momento in cui appare la sua<br />

coscienza comincia una serie di nascite e di morti. Un artista orientale ha tentato di dare<br />

espressione pittorica alla dottrina cabalistica dei cicli. Il dipinto ricopre un’intera parete<br />

interna di un tempio sotterraneo nelle vicinanze di una grande pagoda buddhista ed è<br />

fortemente suggestiva. Tenteremo di dare un’idea dell’insieme quale ce lo ricordiamo.<br />

Immaginate un punto nello spazio che rappresenta il punto primordiale; poi, con un<br />

compasso, tracciate un cerchio attorno a questo punto; dove il principio e la fine si<br />

incontrano, si uniscono l’emanazione e il riassorbimento. Il cerchio stesso è composto di<br />

innumerevoli cerchi più piccoli, come gli anelli di un braccialetto, e ognuno di questi<br />

cerchi minori forma la cintura della dea che rappresenta quella sfera. Là dove la curva<br />

dell’arco si avvicina al punto estremo del semicerchio il nadir del grande circo in cui è<br />

posto, dal pittore mistico, il nostro pianeta, il volto di ogni successiva dea diventa più<br />

oscuro e ripugnante di quanto l’immaginazione europea possa concepire. Ogni cintura è<br />

coperta da rappresentazioni di piante, animali ed esseri umani appartenenti alla fauna, alla<br />

flora e all’antropologia di quella particolare sfera. Tra le singole sfere vi è una certa<br />

distanza segnata con intenzione; perché, dopo il compimento dei circoli attraverso varie<br />

trasmigrazioni, viene concessa all’anima una pausa di temporaneo nirvana, durante la<br />

(21) Lemprière (Classical Dictionary, voce “Pitagora”) dice che “vi sono molte ragioni per sospettare la verità<br />

di tutto il racconto del viaggio di Pitagora in India”, e conclude affermando che questo filosofo non aveva<br />

mai visto né i ginnosofisti né la loro terra. Se è così, come spiega-re la dottrina pitagorica della metempsicosi,<br />

che, nei particolari, è molto più quella degli Indù che quella degli Egiziani? Ma soprattutto, come spiegare il<br />

fatto che il nome MONADE, applicato da lui alla Causa Prima, è l’identico appellativo dato a questo Essere<br />

in sanscrito? Nel 1792-7, quando apparve il Dizionario di Lemprière, il sanscrito era, possiamo dire,<br />

completamente sconosciuto; la traduzione del dott. Haug dell’Aitareya Brahmana (Rig Veda), in cui appare<br />

questa parola, è stata pubblicata solo una ventina di anni fa, e finché questa preziosa aggiunta alla letteratura<br />

delle età arcaiche non fu completa, e l’epoca precisa dell’Aitareya oggi fissata da Haug al 2000-2400 a.C. —<br />

rimase un mistero, si poteva supporre, come nel caso dei simboli cristiani, che gli Indù l’avessero presa in<br />

prestito da Pitagora. Ma ora, a meno che la filosofia non possa dimostrare che si è trattato di una<br />

“coincidenza” e che la parola Monade non è la stessa nei suoi più minuti significati, abbiamo il diritto di<br />

affermare che Pitagora fu in India e che i ginnosofisti lo istruirono nella teologia metafisica. il solo fatto che<br />

“il sanscrito, confrontato con il greco e il latino, si rivela una sorella maggiore”, di queste lingue, come<br />

dimostra Max Müller, non è sufficiente a spiegare la perfetta identità della parola MONADE in sanscrito e in<br />

greco, nel suo senso più metafisico e più astratto. La parola sanscrita Deva (dio) è divenuta il latino deus, e<br />

indica un’origine comune; ma noi vediamo la stessa parola assumere, nello Zend- Avesta zoroastriano, il<br />

significato direttamente opposto e divenire daéva, o cattivo spirito, da cui deriva la parola inglese devil<br />

(diavolo).<br />

(22) Haug, Aitareya Brahmanam.<br />

(23) Ivi.<br />

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