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ISIDE SVELATA

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scenografiche della luce astrale viene stabilita una corrente. Un uomo che sa di non avere<br />

mai visitato col corpo e di non avere mai visto la località e le persone che riconosce può<br />

senz’altro affermare di averle viste e conosciute perché questa conoscenza è avvenuta<br />

mentre egli viaggiava in “spirito”. A questo i fisiologi possono opporre una sola obiezione.<br />

Essi risponderanno che nel sonno naturale, perfetto e profondo, “metà della nostra natura<br />

volitiva è in condizioni di inerzia”; e quindi incapace di viaggiare. E questo tanto più in<br />

quanto l’esistenza di un simile corpo astrale individuale, o anima, è considerata da loro<br />

niente altro che un poetico mito. Blumenbach ci assicura che, nello stato di sonno, ogni<br />

correlazione fra la mente e il corpo è sospesa; affermazione questa che viene negata dal<br />

dott. Richardson, della Royal Society, il quale ricorda onestamente allo scienziato tedesco<br />

che “essendo sconosciuti i limiti precisi fra la mente e il corpo”, egli afferma più di quanto<br />

ha il diritto di dire. Questa confessione, unita a quelle del fisiologo francese Fournié, e a<br />

quelle ancor più recenti del dott. Allchin, eminente medico di Londra, il quale riconobbe<br />

francamente in una conferenza di studiosi che “fra tutte le ricerche scientifiche che<br />

riguardano praticamente la comunità, non ve n’è forse alcuna che poggi su basi così incerte<br />

e insicure come la medicina”, ci dà un certo diritto a opporre le ipotesi degli antichi<br />

sapienti a quelle dei moderni.<br />

Nessuno, per quanto grossolano e materiale possa essere, può evitare di condurre una<br />

doppia esistenza: l’una nell’universo visibile, l’altra nell’invisibile. Il principio vitale che<br />

anima la sua struttura fisica è principalmente nel corpo astrale; e, mentre la parte più<br />

animale di lui riposa, quella spirituale non conosce né limiti né ostacoli. Siamo<br />

perfettamente consapevoli che molti dotti, al pari di molti indotti, faranno obiezioni a<br />

questa nuova teoria della distribuzione del principio vitale. Essi preferiscono restare nella<br />

beata ignoranza e continuare ad affermare che nessuno sa né può pretendere di dire di dove<br />

appare questo misterioso agente e dove scompare, piuttosto che dedicare un momento di<br />

attenzione a quelle che considerano teorie vecchie e superate. Qualcuno può obiettare, sulla<br />

base della teologia, che i bruti non hanno anima immortale e quindi non possono avere uno<br />

spirito astrale; perché i teologi, al pari dei laici, operano sotto l’erronea impressione che<br />

anima e spirito siano una sola e identica cosa. Ma, se studiamo Platone e altri filosofi<br />

dell’antichità, comprendiamo facilmente che, mentre “l’anima irrazionale”, con cui<br />

Platone indica il corpo astrale, o la più eterea rappresentazione di noi stessi, può avere al<br />

massimo una più o meno prolungata continuità di esistenza oltre la tomba, lo spirito divino<br />

— malamente chiamato anima dalla Chiesa — è immortale perla sua stessa essenza. (Ogni<br />

studioso ebreo apprezzerà prontamente la distinzione fra le due parole ruah e nephesh). Se<br />

il rincipio vitale è qualche cosa di distinto dallo spirito astrale e per nulla collegato a esso,<br />

come avviene che l’intensità dei poteri chiaroveggenti dipende in tanta parte dalla<br />

prostrazione del corpo del soggetto? Quanto più profonda è la trance, tanto meno il corpo<br />

mostra segni di vita, tanto più chiara diviene la percezione spirituale e tanto più potenti<br />

sono le visioni dell’anima. L’anima, liberata dal peso dei sensi corporei mostra un potere<br />

attivo a un grado molto più alto di intensità di quando è in un corpo forte e sano. Brierre de<br />

Boismont dà ripetuti esempi di questo fatto. Gli organi della vista, dell’olfatto, del gusto,<br />

del tatto e dell’udito hanno dimostrato di divenire molto più acuti in un soggetto<br />

mesmerizzato e privo della possibilità di esercitarli corporeamente, che non quando egli li<br />

usa in condizioni normali.<br />

Questi fatti, una volta dimostrati, dovrebbero porsi da soli come indiscutibile prova<br />

della continuità della vita individuale, almeno per un certo periodo dopo che il corpo è<br />

stato lasciato, sia perché si era esaurito o per qualche accidente. Ma, sebbene durante il suo<br />

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