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ISIDE SVELATA

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artisti lavoravano il granito, il serpentino, la breccia e il basalto è meravigliosa a giudizio<br />

di tutti gli esperti... Gli animali e le piante sembrano viventi, e gli oggetti artificiali sono<br />

mirabilmente scolpiti; battaglie in terra e in mare e scene di vita domestica si possono<br />

trovare dappertutto in bassorilievo”.<br />

“I monumenti”, dice un autore inglese, “che colpiscono il viaggiatore, riempiono la<br />

sua mente di grandi idee. Alla vista dei colossali e superbi obelischi, che sembrano<br />

sorpassare i limiti della natura umana, egli non può trattenersi dall’esclamare: “Questa è<br />

stata opera dell’uomo!” e tale sentimento sembra nobilitare la sua esistenza”. (5)<br />

A sua volta il dott. Richardson, parlando del tempio di Dendera, dice: “Le figure<br />

femminili sono eseguite così straordinariamente bene che manca loro la sola parola; hanno<br />

una dolcezza di lineamenti e di espressione che non è mai stata superata”.<br />

Ognuna di queste pietre è coperta di geroglifici, e, quanto più sono antiche, tanto più<br />

finemente sono cesellate. Questo non fornisce forse una nuova prova che la storia ha dato il<br />

suo primo sguardo agli antichi quando le loro arti erano già in decadenza? Gli obelischi<br />

hanno le iscrizioni incise a due pollici di profondità, e talora anche più, sempre intagliate<br />

con la massima perfezione. Possiamo formarci un’idea della loro profondità dal fatto che<br />

gli Arabi, per un piccolo compenso, si arrampicano talora fino al sommo di un obelisco<br />

inserendo le dita delle mani e dei piedi negli incavi dei geroglifici. Non rimane alcun<br />

dubbio storico che tutte queste opere, in cui la solidità gareggia con la bellezza<br />

dell’esecuzione, siano state fatte prima dell’Esodo. (Tutti gli archeologi concordano oggi<br />

nel riconoscere che, quanto più risaliamo nella storia, tanto più queste arti sono belle e<br />

raffinate). Queste opinioni urtano contro quella individuale del Fiske, il quale vorrebbe<br />

farci credere che “le sculture di questi monumenti (dell’Egitto, dell’Indostan, dell’Assiria),<br />

inoltre, rivelano una condizione pochissimo sviluppata delle facoltà artistiche”. (6) Questo<br />

dotto signore va anche più oltre. Unendo la sua voce a quella di Lewis nell’opporsi alle<br />

pretese di un sapere che apparteneva per diritto alle caste sacerdotali dell’antichità, egli<br />

nota sprezzantemente che “la stravagante teoria di una profonda scienza posseduta dal<br />

clero egiziano fin da una remota antichità, e impartita a filosofi greci itineranti, è stata<br />

completamen te distrutta (?) da Sir G. C. Lewis... (7) mentre, per quel che riguarda l’Egitto,<br />

l’Indostan e l’Assiria, si può dire che i monumenti colossali che hanno adornato i loro<br />

paesi fin dai tempi preistorici, testimoniano il predominio di un dispotismo barbaro, del<br />

tutto incompatibile con la nobiltà sociale e quindi con un sostenuto progresso”. (8)<br />

Curioso argomento davvero. Se le dimensioni e la grandiosità dei monumenti pubblici<br />

deve servire alla posterità come una misura con cui giudicare prossimativamente il<br />

“progresso della civiltà” raggiunta dai loro costruttori, sarà forse prudente, per l’America,<br />

così fiera del suo progresso e della sua libertà, abbassare subito a un solo piano i suoi<br />

edifici. Altrimenti, secondo la teoria del professor Fiske, gli archeologi dell’anno 3877<br />

applicheranno all’”antica America” del 1877 la regola di Lewis e diranno che gli antichi<br />

Stati Uniti “possono essere considerati come un grande latifondo, o piantagione, coltivato<br />

dall’intera popolazione schiava del suo re (o presidente)”. Forse, per il fatto che le razze<br />

ariane dalla pelle bianca non erano nate con il genio di grandi “costruttori” come gli Etiopi<br />

orientali, o Caucasici dalla pelle scura, (9) e quindi incapaci di competere con questi ultimi<br />

(5) Savary Letters on Egypt, vol. II, pag. 67. Londra 1786.<br />

(6) John Fiske, “North American Review”, art. “The Laws of History”, luglio 1869.<br />

(7) Sir. G.C. Lewis, Astronomy of the Ancients.<br />

(8) J. Fiske, “North American Review”, art. “The Laws of History”.<br />

(9) Nel volume II, al capitolo VIII, tenteremo di dimostrare che gli antichi Etiopi non erano di razza camitica.<br />

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