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ISIDE SVELATA

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lusinghiamo di aver visto nascere nella nostra epoca”. Questa osservazione, fatta a<br />

proposito degli scritti scientifici dei Saraceni, si potrebbe applicare anche meglio ai più<br />

segreti Trattati degli antichi. La medicina moderna, mentre ha guadagnato molto<br />

nell’anatomia, nella fisiologia, nella patologia e anche nella terapeutica, ha perso<br />

immensamente per la sua angustia spirituale, per il suo rigido materialismo, per il suo<br />

dogmatismo settario. Una scuola, nella sua miopia, ignora completamente ciò che è<br />

insegnato da altre scuole; e tutte sono unite nell’ignorare ogni grande concezione<br />

dell’uomo e della natura come quelle sviluppate dal mesmerismo o degli esperimenti<br />

americani sul cervello, ogni principio che non sia conforme a uno stolido materialismo.<br />

Bisognerebbe convocare i medici rivali delle varie e diverse scuole per mettere insieme le<br />

attuali nozioni della scienza medica; e troppo spesso accade che, dopo che i migliori<br />

praticanti hanno esaurito invano la loro arte su di un paziente, un mesmerista o un<br />

“medium guaritore” operi la cura. Gli studiosi dell’antica letteratura medica, dal tempo di<br />

Ippocrate a quello di Paracelso e Van Helmont, troveranno un vasto numero di fatti<br />

fisiologici e psicologici bene attestati, dei mezzi curativi e dei farmaci atti a guarire, che i<br />

medici moderni rifiutano sdegnosamente di impiegare. (31)<br />

Anche per quel che riguarda la chirurgia, i praticanti moderni hanno confessato<br />

umilmente e pubblicamente la loro totale impossibilità di avvicinarsi alla meravigliosa<br />

abilità mostrata dagli antichi Egiziani nell’arte del bendaggio. Le molte centinaia di metri<br />

di bende che avvolgono una mummia dalle orecchie a ogni distinto dito dei piedi, sono<br />

state studiate dai principali chirurghi di Parigi, i quali, pur col modello dinanzi agli occhi,<br />

non sono riusciti a fare nulla di simile.<br />

Nella Raccolta Egittologica di Abbott, a New York, si possono vedere numerose prove<br />

dell’abilità degli antichi in vari lavori manuali. Fra le altre, l’arte dei merletti. E, poiché gli<br />

indizi della vanità femminile vanno di pari passo con quelli della forza maschile, vi sono<br />

anche esempi di capelli posticci e di ornamenti d’oro di vario genere. La “Tribuna” di New<br />

York, nel considerare i contenuti del Papiro Ebers, dice: “Invero non vi è nulla di nuovo<br />

sotto il sole... I capitoli 65, 66, 79 e 89 mostrano che le lozioni per rafforzare i capelli, le<br />

tinture, i calmanti, gli insetticidi erano in voga 3.400 anni fa”.<br />

Quanto poche delle pretese scoperte recenti siano in realtà nuove, e quante<br />

appartengano agli antichi, è stato chiaramente ed eloquentemente mostrato, sebbene solo in<br />

parte, dal nostro eminente scrittore e pensatore, il professor John W. Draper. Il suo Conflict<br />

between Religion and Science (Conflitto fra la religione e la Scienza) un grande libro con<br />

un bruttissimo titolo — pullula di fatti simili. A pag. 13 egli cita alcune scoperte degli<br />

antichi studiosi, che suscitarono l’ammirazione di tutta la Grecia. In Babilonia fu fatta una<br />

serie di osservazioni astronomiche caldee che risaliva a mille e novecentotrè anni addietro:<br />

fu inviata da Callistene ad Aristotele. Tolomeo, il sommo astronomo egiziano, possedeva<br />

un’opera babilonese sulle eclissi che risaliva a settecentoquarantasette anni prima della<br />

nostra èra. Come il professor Draper fa giustamente notare: “Sono state necessarie lunghe e<br />

(31) Per alcuni rispetti i nostri moderni filosofi, che credono di aver fatto nuove scoperte, possono essere<br />

paragonati a quel “signore molto intelligente, molto dotto e molto educato” che Ippocrate incontrò un giorno<br />

a Samo e descrisse con molto umorismo. “Mi informò”, dice il padre della medicina, “di avere recentemente<br />

scoperto un’erba mai conosciuta in Europa e in Asia, e che nessuna malattia, per quanto cronica o maligna,<br />

poteva resistere alle sue meravigliose proprietà. Volendo essere cortese a mia volta, mi lasciai indurre ad<br />

accompagnarlo al vivaio in cui aveva trapiantato quel meraviglioso specifico. Quello che trovai fu una delle<br />

più comuni piante della Grecia, e precisamente l’aglio, la pianta che meno di ogni altra ha pretese di virtù<br />

curative”. Ippocrate, De optima praedicandi ratione item judicii operum magni, I.<br />

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