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ISIDE SVELATA

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certi agenti dell’autorità superiore, i quali sono tenuti a non dare al mondo esterno alcuna<br />

notizia relativa ai luoghi e alle persone. Se non fosse stato per queste restrizioni, anche noi<br />

avremmo potuto arricchire queste pagine con racconti di esplorazioni, avventure e scoperte<br />

che sarebbero stati letti con interesse. Prima o poi verrà il tempo in cui le paurose sabbie<br />

del deserto riveleranno i loro segreti così a lungo sepolti, ed essi verranno alla luce per<br />

mortificare la nostra vanità moderna.<br />

“Il popolo di Pashai”, (35) dice Marco Polo, l’audace viaggiatore del tredicesimo<br />

secolo, “è grande adepto di stregoneria e di arti diaboliche”. E il suo dotto editore<br />

aggiunge: “Questo Pashai o Udyana era la regione natale di Padma Sambhava, uno dei<br />

principali apostoli del lamaismo, ossia del buddhismo tibetano, e grande maestro di incanti.<br />

Le dottrine di Sakya, quali prevalevano nell’Udyana negli antichi tempi, erano<br />

probabilmente fortemente intinte di magia sivaita, e i Tibetani considerano ancora quella<br />

località come la terra classica della magia e della stregoneria”.<br />

Gli “antichi tempi” sono esattamente come i “tempi moderni”; nulla è cambiato per<br />

quel che riguarda le pratiche magiche se non che esse sono divenute ancora più esoteriche<br />

e arcane, e la cautela degli adepti è cresciuta in proporzione con la curiosità dei viaggiatori.<br />

Hiuen-Thsang dice degli abitanti: “Gli uomini... amano lo studio, ma lo seguono senza<br />

ardore. La scienza delle formule magiche è divenuta per loro una professione regolare”. (36)<br />

Non contraddiremo il venerabile pellegrino cinese su questo punto, e siamo disposti ad<br />

ammettere che nel settimo secolo alcuni individui facessero della magia una “professione<br />

regolare”; alcuni individui lo fanno anche oggi, ma non certo i veri adepti. Hiuen-Thsang,<br />

l’uomo pio e coraggioso che rischiò cento volte la vita per avere la gioia di vedere l’ombra<br />

di Buddha nel sotterraneo di Peshawer, non accuserebbe certo i santi lama e i monaci<br />

taumaturghi di mostrarla ai viaggiatori “per mestiere”. L’ingiunzione di Gautama, implicita<br />

nella risposta da lui data al re Prasenagit, suo protettore, che gli chiedeva di fare miracoli,<br />

deve essere stata sempre presente nella mente di Hiuen-Thsang. “Grande re”, disse<br />

Gautama, “io non insegno la legge ai miei discepoli dicendo loro: “andate, o santi, e<br />

compite dinanzi agli occhi dei brahmani e dei notabili, per mezzo dei vostri poteri<br />

soprannaturali, miracoli più grandi di quelli che qualsiasi uomo possa compiere”. Io dico<br />

loro, quando insegno la legge: “Vivete, o santi, nascondendo le vostre buone opere e<br />

mostrando i vostri peccati.“.<br />

Colpito dai racconti di esibizioni magiche testimoniate e annotate dai viaggiatori di<br />

ogni epoca che avevano visitato la Tartaria e il Tibet, il colonnello Yule giunge alla<br />

conclusione che i nativi devono avere avuto “a loro disposizione l’intera enciclopedia dei<br />

moderni “spiritisti”. Du Halde cita, fra le loro stregonerie, l’arte di produrre, con le loro<br />

invocazioni, l’ombra di Lao-Tse e delle loro divinità nell’aria, e di fare scrivere a una<br />

matita risposte a domande senza che alcuno la tocchi”. (37)<br />

Le invocazioni appartengono ai misteri religiosi dei loro santuari; se compiute<br />

altrimenti o per guadagno, sono considerate stregoneria, negromanzia e rigorosamente<br />

vietate. L’arte di far scrivere una matita senza contatto era conosciuta e praticata in Cina e<br />

in altri paesi molti secoli prima dell’era cristiana. Era l’abbiccì della magia in quei luoghi.<br />

(35) Le regioni situate nei pressi dell’Udyana e del Kashmir, come pensa il traduttore ed editore di Marco Polo<br />

(colonnello Yule). Vol. I, pag. 173.<br />

(36) Voyage des Pèlerins Bouddhistes, vol. I; Histoire de la Vie de Hiouen-Thsang ecc., tradotto dal cinese in<br />

francese da Stanislas Julien.<br />

(37) The Book of Ser Marco Polo, vol. I, pag. 318. Vedi anche, a questo riguardo, gli esperimenti del Crookes,<br />

descritti nel cap. VI della sua opera.<br />

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