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ISIDE SVELATA

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ore, era divenuta una specie di lichene simile alla leporaria kermasina del barone Wrangel.<br />

Esso si trasformò allora in una gelatina rosso sangue che rese l’acqua un liquido rossastro<br />

il quale, ventiquattro ore dopo, brulicava di organismi viventi. Il secondo esperimento<br />

consistette nello spargere abbondantemente sulla superficie di un lento ruscello a fondo<br />

fangoso, la polvere di una pianta che era stata seccata al sole e poi polverizzata. Sebbene<br />

questa polvere sembrasse essere stata portata via dal ruscello, una parte di essa deve essersi<br />

depositata sul fondo, perché il mattino dopo l’acqua era divenuta densa sulla superficie e<br />

appariva coperta da quella che de Candolle chiama Oscellatoria rubens, di un colore rosso<br />

cremisi, e che egli crede essere l’anello di unione fra la vita vegetale e la animale.<br />

Considerando tutto questo, non vediamo perché i dotti alchimisti e fisici — diciamo<br />

fisici — del periodo mosaico, non dovrebbero avere egualmente posseduto il segreto<br />

naturale di sviluppare in poche ore miriadi di una specie di questi batteri, le cui spore si<br />

trovano nell’acqua, nell’aria e nella maggior parte dei tessuti vegetali e animali. La<br />

bacchetta ha una grande importanza nelle mani di Aronne e di Mosè, come ne ebbe in tutte<br />

le cosiddette “buffonate magiche” dei cabalisti-maghi del medioevo, che sono considerate<br />

oggi follia superstiziosa e ciarlataneria. La bacchetta di Paracelso (il suo tridente<br />

cabalistico) e le famose verghe di Alberto Magno, di Ruggero Bacone e di Henry Kunrath,<br />

non devono essere messe in ridicolo più della bacchetta graduata dei nostri fisici. Cose che<br />

apparivano assurde e impossibili ai ciarlatani ignoranti e anche ai dotti scienziati del secolo<br />

scorso, cominciano oggi ad assumere i vaghi lineamenti della probabilità, e in molti casi<br />

sono dati di fatto. In realtà alcuni dotti chiacchieroni e ignoranti scienziati cominciano già<br />

ad ammettere questa verità.<br />

In un frammento conservato da Eusebio, Porfirio, nella sua Lettera ad Anebone, fa<br />

appello allo “ierogrammatico” Cheremone per dimostrare che la dottrina delle arti<br />

magiche, con la. quale i suoi adepti “possono atterrire anche gli dèi”, era realmente<br />

ammessa dai saggi dell’Egitto. (50) Se ricordiamo la regola dell’evidenza storica proposta<br />

da Huxley nel suo discorso di Nashville, due conclusioni si presentano con forza<br />

irresistibile; prima: Porfirio, con la sua reputazione indiscutibile di uomo altamente morale<br />

e onorevole, non incline all’esagerazione nelle sue affermazioni, era incapace di mentire su<br />

questo argomento e non menti; seconda: dotto com’era in tutti i rami della conoscenza<br />

umana di cui tratta, (51) molto difficilmente avrebbe potuto essere suggestionato<br />

relativamente alle “arti” magiche, e non lo fu. Di conseguenza la dottrina delle possibilità<br />

su cui si fonda la teoria del professor Huxley, ci costringe a credere (1) che le “arti”<br />

magiche realmente esistono; e, (2) che erano conosciute’ e praticate dai magi e dai<br />

sacerdoti egiziani, a cui lo stesso Sir David Brewster concede che siano stati uomini di<br />

profonde conoscenze scientifiche.<br />

(50) Porfirio, Epistola ad Anebonem Aegyptium, ap. Euseb. Praep. Evang., lib. V, cap. 10; Giamblico, De<br />

Misteriis Aegipt.<br />

(51) “Porfirio”, dice il Dizionario classico di Lemprière, “era un uomo di sapere universale,<br />

e, secondo le testimonianze degli antichi, superava i suoi contemporanei nella conoscenza della storia, della<br />

matematica, della musica e della filosofia”.<br />

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