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ISIDE SVELATA

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Solo per lo spirito degli insegnamenti di Buddha e di Pitagora noi possiamo così<br />

facilmente riconoscere l’identità delle loro dottrine. L’anima universale che tutto pervade,<br />

l’Anima mundi, è il Nirvana; e Buddha, come nome generico, è la monade di Pitagora in<br />

forma antropomorfa. Quando è nel Nirvana, la finale beatitudine, Buddha è la monade<br />

silenziosa, che abita nell’oscurità e nel silenzio; è anche il Brahm senza forma, la sublime<br />

ma inconoscibile divinità, che pervade invisibilmente tutto l’universo. Ogni volta che è<br />

manifesto, desiderando imprimersi sull’umanità in una forma intelligibile dal nostro<br />

intelletto, sia che lo si chiami un avatar, o un Re Messia, o una permutazione dello Spirito<br />

Divino, Logos, Cristo, è tutt’uno, una sola e medesima cosa. In ogni caso è “il Padre” che è<br />

nel Figlio, e il Figlio nel “Padre”. Lo spirito immortale adombra l’uomo mortale. Entra in<br />

lui e, pervadendo il suo intero essere, fa di lui un dio, che discende nel suo tabernacolo<br />

terreno. Ogni uomo, dice la dottrina, può diventare un Buddha. E così, attraverso una<br />

interminabile serie di secoli, noi troviamo ogni tanto uomini che più o meno riescono a<br />

unirsi “con Dio”, secondo l’espressione comune, o, come dovremmo tradurre, con il loro<br />

stesso spirito. I buddhisti chiamano tali uomini Arhat. Un Arhat è quasi un Buddha, e<br />

nessuno lo eguaglia sia per scienza infusa, sia per poteri miracolosi. Certi fachiri, come ha<br />

dimostrato Jacolliot, attuano in pratica questa teoria.<br />

Anche nei racconti cosiddetti favolosi di certi libri buddhisti, se spogliati del loro<br />

significato allegorico, troviamo le dottrine segrete insegnate da Pitagora. Nei libri pali detti<br />

Jutakâ sono presentate le 550 incarnazioni o metempsicosi di Buddha. Essi narrano come<br />

Buddha sia apparso in ogni forma della vita animale e abbia animato ogni essere sensibile<br />

della terra, dal più piccolo insetto all’uccello, al mammifero, e finalmente all’uomo, la<br />

microcosmica immagine di Dio sulla terra. Deve questo essere preso letteralmente? E esso<br />

inteso come una descrizione delle effettive trasformazioni e dell’esistenza di uno e identico<br />

individuo immortale, spirito divino, che di volta in volta ha animato ogni genere di esseri<br />

sensibili? Non dovremmo piuttosto intendere, con i metafisici buddhisti, che, sebbene gli<br />

spiriti umani individuali siano senza numero, collettivamente essi sono uno solo, così come<br />

ogni goccia d’acqua tratta dall’oceano può avere, metaforicamente parlando, un’esistenza<br />

individuale e rimanere tuttavia unita con il resto delle gocce che formano l’oceano? Ogni<br />

spirito umano è infatti una scintilla dell’unica luce che tutto pervade, sia che questo divino<br />

spirito animi un fiore, una particella di granito o il fianco di una montagna, un leone o un<br />

uomo. Gli ierofanti egiziani, come i brahmani e i buddhisti dell’Oriente, e alcuni filosofi<br />

greci, sostenevano originariamente che lo stesso spirito che anima la particella di polvere<br />

rimanendo latente in essa, anima l’uomo, manifestandosi in lui nel suo più alto stato di<br />

attività. Anche la dottrina del graduale riassorbimento dell’anima umana nell’essenza del<br />

genitore spirito primordiale, fu universale in ogni tempo. Ma questa dottrina non implicò<br />

mai l’annichilimento del superiore ego spirituale, bensì solo la dispersione delle forme<br />

esterne dell’uomo, dopo la sua morte terrena come durante il suo soggiorno sulla terra. Chi<br />

è più adatto a spiegarci i misteri del dopomorte, così erroneamente considerati<br />

impenetrabili, di quegli uomini che, essendo riusciti, con l’autodisciplina e la purezza di<br />

vita e di propositi, a unirsi con il loro “Dio”, hanno potuto avere qualche barlume, per<br />

quanto imperfetto, della grande verità? (64) E questi veggenti ci raccontano strane cose<br />

circa la varietà di forme assunte dalle disincarnate anime astrali: forme ognuna delle quali<br />

(64) Porfirio crede che Plotino, suo maestro, si sia unito con “Dio” sei volte durante la sua vita, e deplora di<br />

esservi riuscito, lui stesso, solo due volte.<br />

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