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ISIDE SVELATA

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quanto lo permettesse il loro teurgico voto di segretezza. La dottrina pitagorica, che Dio è<br />

la mente universale diffusa in tutte le cose, e il dogma dell’immortalità dell’anima, sono le<br />

linee direttrici di questi insegnamenti apparentemente incongrui. La sua pietà, e la grande<br />

venerazione che Platone sentiva per i MISTERI, ci garantiscono a sufficienza che egli non si<br />

sarebbe mai permessa l’indiscrezione di superare quel profondo senso di responsabilità che<br />

è proprio di ogni adepto. “Sempre perfezionandosi nei perfetti MISTERI, solo in essi l’uomo<br />

diviene veramente perfetto”, egli dice nel Fedro. (58)<br />

Egli non si sforzò di celare il suo scontento per il fatto che i misteri fossero divenuti<br />

meno segreti. di un tempo. Invece di profanarli mettendoli alla portata della moltitudine,<br />

egli avrebbe voluto difenderli con cura gelosa contro tutti eccettuati solo i più zelanti e<br />

degni dei suoi discepoli. (59) Sebbene parli di dèi in ogni pagina, il suo monoteismo è fuori<br />

questione, perché tutto il filo del suo discorso indica che con la parola dèi egli intende una<br />

classe di esseri molto inferiori alla divinità e solo di un gradino superiori all’uomo. Anche<br />

Giuseppe notò e riconobbe questo fatto, nonostante i naturali pregiudizi della sua razza.<br />

Nel suo famoso attacco contro Apione, questo storico dice: (60) “Comunque, quelli fra i<br />

Greci che hanno filosofato secondo la verità non ignoravano nulla... né mancarono di<br />

notare le agghiaccianti superficialità delle allegorie mitiche, per le quali giustamente le<br />

disprezzavano... Platone, mosso da questo sentimento, dice che non è necessario ammettere<br />

alcuno degli altri poeti nella “Comunità”, facendo una blanda eccezione per Omero, dopo<br />

averlo coronato e unto di unguenti affinché non potesse distruggere, con i suoi miti, la<br />

credenza ortodossa relativa a un unico Dio”.<br />

Coloro che capiscono il vero spirito della filosofia platonica, non saranno soddisfatti<br />

del giudizio che Jowett ne dà ai suoi lettori. Egli dice che l’influenza esercitata dal Timeo<br />

sulla posterità è in parte dovuta a una errata interpretazione della dottrina del suo autore da<br />

parte dei neoplatonici. Essi vorrebbero farci credere che il significato nascosto da loro<br />

trovato in questo Dialogo, è “del tutto diverso dallo spirito di Platone”. Questo ci fa<br />

supporre che Jowett sappia in che cosa questo spirito realmente consistesse, mentre le sue<br />

critiche su tale argomento indicano piuttosto che egli non lo ha affatto penetrato. Se, come<br />

ci dice, i cristiani sembrano trovare in questa opera la loro trinità, il verbo, la chiesa e la<br />

creazione del mondo in senso ebraico, è perché tutto questo vi è realmente ed è quindi<br />

naturale che essi ve lo abbiano trovato. La struttura esteriore è la stessa, ma lo spirito che<br />

animava la lettera morta degli insegnamenti del filosofo è svanito, e noi lo cercheremo<br />

invano negli aridi dogmi della teologia cristiana. La Sfinge è ora la stessa che era quattro<br />

secoli prima dell’era cristiana, ma Edipo non c’è più. Egli è morto perché ha dato al mondo<br />

ciò che il mondo non era abbastanza maturo per poterlo ricevere. Egli aveva dato corpo<br />

alla verità ed è dovuto morire come ogni grande verità prima di riprendere vita dalle<br />

proprie ceneri come l’antica Fenice. Ogni traduttore delle opere di Platone ha notato la<br />

strana somiglianza tra la filosofia degli esoterici e le dottrine cristiane, e tutti hanno cercato<br />

di interpretarla secondo i propri sentimenti religiosi. Così Cory, nei suoi Ancients<br />

Fragments, cerca di provare che si tratta solo di una somiglianza esteriore, e fa del suo<br />

(58) Cory, Fedro, I, 328.<br />

(59) Questa affermazione è chiaramente confermata da Platone stesso quando dichiara: “Voi dite che, nel mio<br />

precedente discorso, non vi ho sufficientemente spiegato la natura del Primo. Io ho parlato con intenzione<br />

enigmaticamente, in modo che, qualora la tavoletta fosse incorsa in qualche incidente, sia per terra o per<br />

mare, una persona priva di qualche previa conoscenza dell’argomento non potesse capire i suoi contenuti”.<br />

(Platone, Lettera II, pag. 312; Cory, Ancient Fragments).<br />

(60) Giuseppe contro Apione, II, pag. 1079.<br />

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