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ISIDE SVELATA

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“Non guardare in basso, perché sotto la terra vi è un precipizio<br />

Che attira in una discesa di SETTE gradini, sotto i quali<br />

Vi è il trono della crudele necessità”. (27)<br />

Una forte aspirazione a riparare le proprie colpe, un intenso desiderio lo riporteranno<br />

ancora una volta nell’atmosfera terrena. Qui egli vagherà e soffrirà più o meno in paurosa<br />

solitudine. I suoi istinti lo spingeranno a cercare avidamente il contatto con le persone<br />

viventi. Questi spiriti sono gli invisibili ma fin troppo tangibili vampiri magnetici, i demoni<br />

soggettivi così noti agli estatici, alle monache e ai monaci del medio evo, alle “streghe”<br />

rese famose nel Martello delle streghe (Malleus maleficarum), e a certi sensitivi<br />

chiaroveggenti secondo le loro confessioni. Sono i demoni del sangue di Porfirio, le larvae<br />

e i lemures degli antichi, i diabolici strumenti che hanno mandato al patibolo e al rogo<br />

tante disgraziate e deboli vittime. Origene riteneva che tutti i demoni, i quali possedevano<br />

gli indemoniati menzionati nel Nuovo Testamento, fossero “spiriti” umani. Conoscendo<br />

bene quello che erano e quanto fossero terribili le conseguenze per le persone deboli che<br />

cedevano alla loro influenza, Mosè emanò quella legge crudele e sanguinaria contro le<br />

cosiddette “streghe”, ma Gesù, pieno di giustizia e di divino amore per l’umanità, le risanò<br />

invece di ucciderle. In seguito il nostro clero, preteso modello dei principi cristiani, seguì<br />

la legge di Mosè e ignorò tranquillamente la legge di Colui che chiamava il “Dio vivente”,<br />

bruciando dozzine di migliaia di quelle cosiddette “streghe”.<br />

Streghe e stregoneria<br />

Strega! Potente nome che nel passato assicurava una morte ignominiosa; e oggi basta<br />

pronunciarlo per suscitare una bufera di ridicolo, un uragano di sarcasmi. Come mai,<br />

allora, vi sono sempre stati uomini di intelletto e di sapere i quali non hanno mai pensato di<br />

poter nuocere alla loro reputazione o abbassare la propria dignità affermando in pubblico la<br />

possibilità che le streghe, nella giusta accezione della parola, esistessero? Uno di questi<br />

intrepidi campioni fu Henry More, il dotto professore di Cambridge, nel diciassettesimo<br />

secolo. Merita conoscere con quanta chiarezza trattasse la questione.<br />

A quanto sembra, verso il 1678 un certo ecclesiastico, di nome John Webster, scrisse.<br />

Criticism and Interpretations of Scripture (Critiche e interpretazioni della Scrittura) contro<br />

l’esistenza delle streghe e altre “superstizioni”. Il dott. More lo criticò in una lettera a<br />

Glanvil, l’autore del Sadducismus Triumphatus, e, come appendice, gli inviò un trattato<br />

sulla stregoneria con spiegazioni della stessa parola “strega”. Questo documento è molto<br />

raro, ma noi lo possediamo in forma frammentaria in un vecchio manoscritto; in<br />

precedenza lo abbiamo visto citato solo in un’opera insignificante del 1820 sulle<br />

Apparizioni, perché sembra che il documento stesso non sia stato stampato da molti anni.<br />

Le parole witch (strega) e wizard (mago), secondo il dott. More, non significano altro<br />

che una donna o un uomo sapienti (wise). Nella parola wizard è chiaro a prima vista; e “la<br />

più semplice e facile derivazione della parola witch è da wit (spirito), da cui potrebbe<br />

derivare l’aggettivo wittigh o wittich, e poi, per contrazione witch; così come il sostantivo<br />

wit deriva dal verbo weet, conoscere. Una strega, dunque, non è altro che una donna che<br />

conosce; cosa che risponde esattamente al latino saga, secondo l’espressione di Festo:<br />

sagae dictae anus quae multa sciunt”. (sono dette sagae le vecchie che sanno molte cose).<br />

(27) Psello, 6 Plet. 2; Cory, Chaldean Oracles.<br />

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