05.12.2014 Views

ISIDE SVELATA

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

della lampada d’oro nel tempio di Minerva, ad Atene, che egli dice essere stata opera di<br />

Callimaco e che ardeva per un intero anno. Plutarco afferma(37) di averne vista una nel<br />

tempio di Giove Amun: i sacerdoti lo avevano assicurato che ardeva in continuità da anni e<br />

che, sebbene fosse all’aperto, né il vento né la pioggia potevano spegnerla. Sant’Agostino,<br />

autorità cattolica, descrive egualmente una lampada nel santuario di Venere della stessa<br />

natura delle altre, inestinguibile dai più forti venti e dalla pioggia. Kedreno scrive che a<br />

Edessa fu trovata una lampada la quale, “nascosta sull’alto di una certa porta, ardeva da<br />

500 anni”. Ma fra tutte queste lampade, quella citata da Olibio Massimo, di Padova, è di<br />

gran lunga la più meravigliosa. Essa fu trovata nei dintorni di Atteste, e Scardonio ne dà<br />

una vivace descrizione:(38) “Una grande urna di terracotta ne conteneva una più piccola, e<br />

in essa vi era una lampada accesa che continuava ad ardere da 1500 anni per mezzo di un<br />

purissimo liquore contenuto in due bottiglie, l’una d’oro e l’altra d’argento. Esse sono<br />

custodite da Francesco Maturanzio e sono da lui considerate di un valore enorme”.<br />

Non tenendo conto delle esagerazioni, e mettendo da parte la negazione non<br />

dismostrata della scienza moderna, secondo la quale tali lampade sono impossibili,<br />

vorremmo domandarci se, qualora venisse dimostrato che tali fuochi inestinguibili<br />

esistettero realmente nell’epoca dei “miracoli”, le lampade che ardevano sugli altari<br />

cristiani e quelle dei templi di Giove, di Minerva e di altre divinità pagane, debbano essere<br />

diversamente considerate. Secondo certi teologi sembrerebbe che le prime (perché anche il<br />

cristianesimo si rivendica tali lampade) siano state tenute accese da un miracoloso potere<br />

divino, e che la luce delle altre, opera di arte “pagana”, fosse dovuta ad artifici diabolici.<br />

Kircher e Liceto mostrano che tali lampade appartenevano a queste due diverse categorie.<br />

La lampada di Antiochia, che arse per 1500 anni all’aperto in un luogo pubblico, sulla<br />

porta di una chiesa, fu custodita dal “Potere di Dio” che “ha permesso a un numero<br />

infinito di stelle di bruciare con perpetua luce”. Quanto alle lampade pagane, sant’Agostino<br />

ci assicura che erano opera del diavolo, “che ci inganna in mille modi”. Che cosa vi è di<br />

più facile, per Satana, che fare apparire un bagliore o una fiamma brillante a coloro che<br />

entravano per primi nella tomba sotterranea? Questo venne affermato da tutti i buoni<br />

cristiani durante il papato di Paolo III, quando, aperta una tomba sulla Via Appia, vi si<br />

trovò il corpo intero di una fanciulla immerso in un liquido brillante che l’aveva conservato<br />

in tal modo da farne apparire il volto bello e pieno di vita. Ai suoi piedi ardeva una<br />

lampada, la cui fiamma si estinse all’apertura del sepolcro. Da alcune incisioni si trovò che<br />

quel corpo era stato sepolto da più di 1500 anni, e si suppose che fosse quello di Tulliola, o<br />

Tullia, figlia di Cicerone.(39)<br />

Chimici e fisici negano che le lampade perpetue siano possibili, sostenendo che tutto<br />

ciò che si risolve in vapore o fumo non può essere permanente ma deve consumarsi; e<br />

poiché l’alimento oleoso di una lampada accesa viene esalato in vapore, la fiamma non può<br />

essere perpetua per mancanza di combustibile. Gli alchimisti, d’altra parte, negano che<br />

tutto l’alimento di un fuoco acceso debba necessariamente essere convertito in vapore. Essi<br />

dicono che vi sono in natura delle sostanze che non solo resistono alla forza del fuoco e<br />

rimangono inconsumabili, ma che si dimostrano anche inestinguibili da qualsiasi vento o<br />

acqua. In un’antica opera di chimica del 1700, chiamata NEKPOKHAEIA (Sepoltura),<br />

l’autore fa molte critiche alle affermazioni dei vari alchimisti, ma, sebbene neghi che un<br />

(37) Lib. de Defectu Oraculorum.<br />

(38) Lib. I, Class. 3, cap. ultimo.<br />

(39)<br />

I particolari di questa storia si possono trovare nell’opera di Erasmo Francesco, che cita Pflaumero,<br />

Pancirollo e molti altri.<br />

217

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!