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ISIDE SVELATA

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“Come la società moderna si urta con l’antichità a ogni passo”, egli aggiunge, “come i<br />

nostri poeti hanno copiato Omero e Virgilio, Sofocle ed Euripide, Plauto e Terenzio; come<br />

i nostri filosofi hanno tratto ispirazione da Socrate, Pitagora, Platone e Aristotele; come i<br />

nostri storici hanno preso a modello Tito Livio, Sallustio e Tacito, i nostri oratori<br />

Demostene o Cicerone, i nostri medici studiano Ippocrate e i nostri codici ripetono quello<br />

di Giustiniano, così l’antichità stessa ebbe un’altra antichità da studiare, da imitare e da<br />

copiare. Che cosa c’è di più semplice e di più logico? I popoli non si precedono e si<br />

succedono reciprocamente? Le conoscenze faticosamente acquistate da una nazione<br />

rimangono forse circoscritte nel suo territorio e muoiono con la generazione che le ha<br />

raggiunte? Vi e forse qualche assurdità nel supporre che l’India di 6.000 anni fa, brillante,<br />

civile, traboccante di popolazione, abbia impresso sull’Egitto, la Persia, la Giudea, la<br />

Grecia e Roma un’impronta così incancellabile e così profonda come quella che questi<br />

ultimi hanno impresso su di noi?<br />

“E tempo che ci liberiamo da quei pregiudizi che ci presentano gli antichi come giunti<br />

quasi spontaneamente alle idee filosofiche, religiose e morali più elevate: quei pregiudizi<br />

che nella loro ingenua ammirazione spiegano tutto ciò che vi e nel dominio della scienza,<br />

delle arti e delle lettere con l’intuizione di pochi grandi uomini, e ciò che e nel regno della<br />

religione con la rivelazione”. (17)<br />

Crediamo che non sia lontano il giorno in cui gli avversari di questo sottile ed erudito<br />

scrittore saranno costretti al silenzio dalla forza di prove irrefutabili. E quando i fatti<br />

avranno confermato le sue teorie e le sue affermazioni, che cosa troverà il mondo? Che<br />

all’India, il paese meno esplorato e meno conosciuto di ogni altro, tutte le altre grandi<br />

nazioni del mondo devono i loro linguaggi, le arti, la legislazione e la civiltà. I suoi<br />

progressi, arrestati pochi secoli prima della nostra era — perché, come dimostra questo<br />

scrittore, al tempo del grande conquistatore macedone “l’India aveva già esaurito il suo<br />

periodo di splendore” — furono completamente paralizzati nei secoli seguenti. Ma la prova<br />

delle sue glorie passate rimane nella sua letteratura. Quale popolo in tutto il mondo può<br />

vantare una eguale letteratura, che, se il sanscrito fosse meno difficile, sarebbe molto più<br />

studiata? Per questo il pubblico in genere deve affidarsi all’informazione di pochi studiosi i<br />

quali, nonostante il loro grande sapere e la loro veracità, possono tradurre e commentare<br />

solo pochi libri fra i quasi innumerevoli che, malgrado il vandalismo dei missionari,<br />

rimangono ancora a rivelare l’imponenza della letteratura sanscrita. E anche per fare solo<br />

questo è necessario il lavoro di un’intera vita di un Europeo. Così che si giudica<br />

frettolosamente e spesso si fanno i più ridicoli errori.<br />

Recentemente un certo reverendo Dunlop Moore, di New Brighton, Pennsylvania,<br />

deciso a mostrare insieme la sua acutezza e la sua pietà, attaccò l’affermazione di un<br />

teosofo in un discorso pronunciato alla cremazione del barone de Palm, che il Codice di<br />

Manu esisteva mille anni prima di Mosè. “Tutti gli orientalisti di qualche valore”, egli dice,<br />

“sono concordi nel riconoscere che le Leggi di Manu furono scritte in tempi diversi. La<br />

parte più antica della raccolta risale probabilmente al sesto secolo prima dell’era<br />

cristiana”. (18) Qualunque cosa pensino gli orientalisti incontrati da questo sapientone della<br />

Pennsylvania, Sir William Jones e di opinione diversa. “E chiaro”, dice, “che le Leggi di<br />

Manu quali le possediamo, e che comprendono solo 680 sloka, non possono essere l’opera<br />

attribuita a Soumati, la quale è probabilmente quella indicata col nome di Vriddha<br />

(17) La Bible dans l’Inde.<br />

(18) “Presbyterian Banner”, 20 dicembre 1876.<br />

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