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ISIDE SVELATA

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meraviglia anche nei più ardenti ammiratori dell’arte greca. Bayard Taylor descrive queste<br />

statue in una delle sue conferenze, e ci dice che la bellezza delle teste, ornate. di occhi di<br />

pietre preziose e con le palpebre di bronzo, è rimasta insuperata. Molto al di sotto dello<br />

strato di sabbia in cui giacevano i resti raccolti nelle collezioni di Lepsius, ad Abbott, e del<br />

British Museum, furono trovate sepolte le prove tangibili della dottrina ermetica dei cicli,<br />

che abbiamo già spiegato.<br />

Il dott. Schliemann, entusiasta ellenista, ha recentemente trovato, nei suoi scavi nella<br />

Troade, abbondanti prove dello stesso passaggio graduale dalla barbarie alla civiltà e dalla<br />

civiltà alla barbarie. Perché dunque dovremmo essere così riluttanti ad ammettere la<br />

possibilità che, se gli antidiluviani erano tanto più versati di noi in certe scienze e<br />

perfettamente padroni di arti importanti che adesso consideriamo perdute, essi possano<br />

egualmente avere eccelso nella conoscenza psicologica? Questa ipotesi deve essere<br />

considerata ragionevole come un’altra fino a che non si presenterà una prova contraria che<br />

la distrugga.<br />

Ogni vero sapiente ammette che, per molti rispetti, la conoscenza umana è ancora<br />

nell’infanzia. Può forse darsi che il nostro ciclo sia cominciato in epoche relativamente<br />

recenti? Questi cicli, secondo la filosofia caldea, non abbracciano tutto il genere umano<br />

nello stesso tempo. Il professor Draper conferma parzialmente questa opinione dicendo che<br />

i periodi in cui la geologia ha “trovato conveniente dividere il progresso dell’uomo nella<br />

civiltà non sono nettamente distinti e non valgono contemporaneamente per tutta la razza<br />

umana”; e dà come esempio “gli Indiani migranti dell’America”, che “solo adesso<br />

emergono dall’età della pietra”. Così più di un uomo di scienza ha confermato senza<br />

volerlo la testimonianza degli antichi.<br />

Ogni cabalista bene al corrente del sistema dei numeri di Pitagora e della sua<br />

geometria può dimostrare che le teorie metafisiche di Platone erano fondate sui più rigorosi<br />

principi matematici. “La vera matematica”, dice il Magicon, “è qualche cosa con cui sono<br />

connesse tutte le più alte scienze; la matematica comune è solo una fantasmagoria<br />

ingannevole, la cui troppo celebrata infallibilità sorge solo da questo, che i suoi fondamenti<br />

sono fatti di materiali, di condizioni e di rapporti”. Gli scienziati che credono di avere<br />

adottato il metodo aristotelico solo perché avanzano a fatica, quando non corrono, dai<br />

particolari dimostrati agli universali, glorificano questi metodi di filosofia induttiva, e<br />

rifiutano quello di Platone, che considerano non sostanziale. Il professor Draper si lamenta<br />

che mistici speculativi come Ammonio Sacca e Plotino abbiano preso il posto “dei severi<br />

geometri dell’antico museo”. (6) Dimentica che la geometria, l’unica fra le scienze che<br />

proceda dagli universali ai particolari, era precisamente il metodo impiegato da Platone<br />

nella sua filosofia. Finché la scienza esatta limiterà le sue osservazioni alle condizioni<br />

fisiche e procederà come Aristotele, non potrà certo fallire. Ma, sebbene il mondo della<br />

materia sia per noi senza limiti, esso è tuttavia finito; e così il materialismo girerà per<br />

sempre in questo circolo vizioso, incapace di salire più in alto di quanto glielo permetta la<br />

circonferenza. La teoria cosmologica dei numeri, che Pitagora apprese dagli ierofanti<br />

egiziani, è la sola capace di conciliare le due unità, materia e spirito, e permettere all’una di<br />

dimostrare matematicamente l’altra.<br />

(6) Conflict between Religion and Science, cap. I.<br />

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