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ISIDE SVELATA

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loro case. Questo non è culto: è piuttosto uno spiritismo di tipo pratico. Fino al 1861<br />

prevaleva fra gli indù l’uso di amputare i piedi degli omicidi giustiziati nella sicura<br />

credenza che l’anima disincarnata sarebbe stata cosi impedita dall’andare attorno a far<br />

misfatti. In seguito la polizia proibì questa pratica.<br />

Un’altra buona ragione per cui gli Indù non dovrebbero adorare il “Diavolo” è che non<br />

hanno una parola per indicarlo. Essi chiamano “pûttâm” tali spiriti, parola che corrisponde<br />

al nostro “spettro” o folletto maligno; un altro termine da loro usato è “pey” e il sanscrito<br />

pesâsu, che entrambi significano fantasmi o “morti che ritornano”, forse, in alcuni casi,<br />

folletti. I pûttâm sono i più terribili, perché sono letteralmente “spettri infestanti” che<br />

tornano sulla terra per tormentare i vivi. Si crede che in genere visitino i luoghi in cui i loro<br />

corpi furono cremati. Gli “spiriti di Siva” o del “fuoco” sono identici agli gnomi e alle<br />

salamandre dei Rosacroce, perché sono raffigurati come nani di truce aspetto, viventi nella<br />

terra o nel fuoco. Il demone di Ceylon chiamato Dewel è una forte e sorridente figura<br />

femminile con un bianco colletto elisabettiano e una giacca rossa.<br />

Come nota giustamente il dott. Warton, “Non vi è figura più strettamente orientale dei<br />

draghi del romanzo o della fiaba. Si trovano in ogni tradizione di antica data e di per se<br />

stessi offrono una prova evidente dell’origine di quelle tradizioni. In nessuno scritto queste<br />

figure sono più marcate che nei racconti buddhisti; essi riferiscono molti particolari sui<br />

Naga, o serpenti reali, che abitano le cavità sotterranee corrispondenti alle dimore di<br />

Tiresia e dei veggenti greci, una regione di oscurità e di mistero in cui viene praticato gran<br />

parte del sistema di divinazione e di risposta oracolare, connessa con una sorta di<br />

inflazione o possessione da parte dello spirito di Pitone, il drago serpente ucciso da Apollo.<br />

Ma i buddhisti non credono più degli Indù al diavolo del sistema cristiano, ossia in una<br />

entità distinta dall’umanità come la Divinità stessa. I buddhisti insegnano che vi sono dèi<br />

inferiori i quali sono stati uomini su questo pianeta o su di un altro, ma che tuttavia sono<br />

stati uomini. Credono nei Naga, che sono stati stregoni sulla terra, persone malvagie, e che<br />

danno il potere ad altri uomini malvagi e ancora viventi di esercitare influenze nefaste su<br />

tutti i frutti che guardano e sulle stesse vite umane. Quando un Cingalese ha la reputazione<br />

di poter fare avvizzire e morire un albero o una persona se li guarda, si dice che ha in sé il<br />

Naga-Raja, ossia il re-serpente. L’intero catalogo senza fine dei cattivi spiriti non indica<br />

dei diavoli nel senso insegnato dal clero cristiano, ma solo peccati, delitti e pensieri umani<br />

incarnati spiritualmente, se possiamo così esprimerci. Gli dèi-demoni blu, verdi gialli e<br />

porpora, come gli dèi inferiori di Jugamdhara, sono piuttosto del genere dei genii e molti<br />

sono buoni e benefici come le stesse divinità Nat, sebbene i Nat contino nel loro numero<br />

giganti, genii cattivi e altri spiriti simili, che abitano nei deserti del monte Jugandhara.<br />

La vera dottrina di Buddha dice che i demoni, quando la natura produsse il sole, la<br />

luna e le stelle, erano esseri umani, ma, in conseguenza delle loro colpe, decaddero dallo<br />

stato di felicità. Se commettono peccati più gravi, subiscono più gravi punizioni, e gli<br />

uomini dannati sono contati dai buddisti fra i diavoli; mentre i demoni che muoiono (spiriti<br />

elementali), che nascono o si incarnano come uomini e non commettono più peccati,<br />

possono arrivare allo stato di felicità celeste. Questo dimostra, osserva Edward Upham<br />

nella sua History and Doctrine of Buddhism (Storia e dottrina del buddhismo), che tutti gli<br />

esseri, divini e umani sono soggetti alle leggi della trasmigrazione, che opera su tutti<br />

secondo una scala di fatti morali. Questa credenza, dunque, è il tipo completo di un codice<br />

di leggi e motivi morali applicati alla regola e al governo dell’uomo, e, aggiunge, un<br />

esperimento “che rende lo studio del buddhismo un importante e curioso oggetto di studio<br />

per un filosofo”.<br />

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