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ISIDE SVELATA

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etrocedere il 25 marzo di novanta giorni così che corrispondesse con l’equinozio<br />

d’inverno; e ancora Sosigene fissò la lunghezza dei mesi quale è attualmente.<br />

In America l’esercito di Montezuma trovò che il calendario degli Aztechi dava un<br />

egual numero di giorni e di settimane a ogni mese. L’esattezza dei loro calcoli astronomici<br />

era tale che nessun errore fu scoperto in essi dalle verifiche successive, mentre gli Europei<br />

che sbarcarono nel Messico nel 1519 erano, seguendo il calendario giuliano, in anticipo di<br />

circa undici giorni sul tempo esatto.<br />

Inestimabile valore dei Veda<br />

Alle inestimabili e attente traduzioni dei libri vedici e alle ricerche personali del dott.<br />

Haug dobbiamo la conferma delle affermazioni dei filosofi ermetici. Può essere facilmente<br />

dimostrato che il periodo di Zarathustra Spitama (Zoroastro) è di un’antichità incalcolabile.<br />

I Brahmana, a cui Haug assegna quattromila anni di età, descrivono le lotte religiose fra gli<br />

antichi Indù, che vivevano nel periodo prevedico, e gli Iraniani. Le battaglie fra i Deva e<br />

gli Asura — i primi dei quali rappresentavano gli Indù, i secondi gli Iraniani — sono<br />

descritte per esteso nei libri sacri. Poiché il profeta iraniano fu il primo a insorgere contro<br />

quella che chiamava l’”idolatria” dei brahmani e a indicarli come Deva (diavoli), a quale<br />

lontana epoca deve dunque risalire questa crisi religiosa?<br />

“Tale contesa”, risponde il dott. Haug, “deve essere apparsa agli autori dei Brahmana<br />

non meno antica di quanto i fatti di re Artù appaiano agli scrittori inglesi del XIX secolo”.<br />

Non vi è stato un filosofo di qualche notorietà che non si sia attenuto a questa dottrina<br />

della metempsicosi quale fu insegnata dai brahmani, dai buddhisti e poi dai pitagorici, in<br />

senso esoterico, esprimendola più o meno comprensibilmente. Origene e Clemente<br />

Alessandrino, Sinesio e Calcidio, tutti credettero in essa; e gli gnostici, che sono stati<br />

incontestabilmente riconosciuti dagli storici come gli uomini più raffinati, eruditi e<br />

illuminati,(14) credevano tutti nella metempsicosi. Socrate professava dottrine identiche a<br />

quelle di Pitagora; ed entrambi, come pena della loro divina filosofia, furono messi a<br />

morte. La plebaglia è sempre stata la stessa in ogni tempo. Il materialismo è stato e sempre<br />

sarà cieco alle verità dello spirito. Quei filosofi ritenevano, insieme agli Indù, che Dio<br />

avesse infuso nella materia una parte del suo Divino Spirito, il quale anima e muove ogni<br />

particella. Essi insegnavano che gli uomini hanno due anime, di nature distinte e del tutto<br />

diverse: l’una periscibile — l’anima astrale o il più intimo corpo fluidico l’altra<br />

incorruttibile e immortale, l’Augoeides o parte dello spirito Divino. L’anima mortale o<br />

astrale perisce a ogni cambiamento graduale sulla soglia di ogni nuova sfera, purificandosi<br />

sempre più con ogni trasmigrazione. L’uomo astrale per quanto possa essere intangibile e<br />

invisibile ai nostri sensi mortali e terreni, è tuttavia costituito di materia, anche se<br />

sublimata. Aristotele, sebbene per ragioni politiche personali abbia mantenuto un prudente<br />

silenzio su certe materie esoteriche, espresse molto chiaramente la sua opinione in<br />

proposito. Egli credeva che le anime umane fossero emanazioni di Dio riassorbite infine<br />

dalla Divinità. Zenone, fondatore della scuola stoica, insegnava che vi sono “nella natura<br />

due qualità eterne: l’una attiva, o maschia, l’altra passiva, o femmina. La prima è pura,<br />

etere sottile o Spirito Divino; l’altra è (13) completamente inerte in se stessa finché non<br />

viene unita al principio attivo. Lo spirito Divino, agendo sulla materia, produce fuoco,<br />

acqua, terra e aria, ed è l’unico principio efficiente da cui tutta la natura viene mossa. Gli<br />

stoici come i saggi indù, credevano in un riassorbimento finale. San Giustino credeva<br />

(14) Vedi Gibbon, Decline and Fall of the Roman Empire.<br />

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