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ISIDE SVELATA

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Francesco, e questa circostanza, per valerci dell’espressione usata da des Mousseaux a<br />

proposito dell’opera del povero spretato abate Huc “non è tale da rafforzare la nostra<br />

fiducia”. Ma vi è un altro punto egualmente importante, se non di più, perché sembra<br />

essere sfuggito alla falsificazione degli zelanti Padri cattolici ed è fondato soprattutto sulla<br />

tradizione indiana. Un famoso re tolteco, il cui nome è mischiato con le misteriose<br />

leggende di Utatlan, la capitale in rovina del grande regno indiano, portava il titolo biblico<br />

di Balam Acan; il primo di questi nomi è preminentemente caldeo e ci fa subito ricordare<br />

Balaam e il suo asino parlante. Oltre alle dichiarazioni di Lord Kingsborough, che trovò<br />

una singolare somiglianza tra il linguaggio degli Aztechi (la madre lingua) e quello<br />

ebraico, molte figure dei bassorilievi di Palenque e molti idoli di terra cotta esumati a Santa<br />

Cruz del Quiché hanno sulla testa delle bende con una protuberanza quadrata davanti alla<br />

fronte, molto simili alle filatterie portate dagli antichi farisei durante la preghiera, e anche<br />

dai devoti di oggi, particolarmente dagli Ebrei della Polonia e della Russia. Ma, poiché<br />

questa, dopo tutto, può essere solo una nostra fantasia, non insisteremo su questi<br />

particolari.<br />

Sulla testimonianza degli antichi, confermata da scoperte moderne, sappiamo che in<br />

Egitto e in Caldea vi erano numerose catacombe, alcune delle quali molto estese. Le più<br />

famose di esse erano le cripte sotterranee di Tebe e di Memfi. Le prime, cominciando dal<br />

lato occidentale del Nilo, si stendevano verso il deserto libico ed erano note come<br />

catacombe o corridoi del Serpente. Là venivano celebrati i sacri misteri del kùklos anàgkes,<br />

cerchio di necessità o Ciclo Inevitabile, inesorabile sentenza imposta a ogni anima dopo la<br />

morte corporea, quando era stata giudicata nella regione degli Amenti.<br />

Nel libro di de Bourbourg, Votan, il semidio messicano, narrando la sua spedizione,<br />

descrive un passaggio sotterraneo che correva sotto terra e terminava alla radice del cielo,<br />

aggiungendo che questo passaggio era una tana di serpente, “un ahugero de colubra”; e<br />

che vi fu ammesso perché era lui stesso “un figlio di serpenti”, ossia un serpente. (54)<br />

Questo è in verità molto suggestivo; perché la sua descrizione della tana di serpente è<br />

quella dell’antica cripta egiziana che abbiamo citato. Gli ierofanti, inoltre, in Egitto come<br />

in Babilonia, si definivano “Figli del Dio serpente” o “Figli del Drago”; non perché —<br />

come des Mousseaux vorrebbe far credere ai suoi lettori — fossero la progenie dell’incubo<br />

diabolico, l’antico serpente dell’Eden, ma perché nei Misteri il serpente era il simbolo della<br />

SAPIENZA e dell’immortalità. “Il sacerdote assiro portava sempre il nome del suo dio”, dice<br />

Movers. (55) I druidi delle regioni celto-britanniche si definivano pure serpenti. “Io sono un<br />

serpente, io sono un druido!” esclamavano. Il Karnak egiziano è il gemello del Carnac<br />

della Bretagna, che significa il monte del serpente. I Draconti coprivano un tempo la<br />

superficie del globo, e questi templi erano sacri al drago solo perché esso era il simbolo del<br />

sole, che, a sua volta, era il simbolo del sommo dio, il fenicio Elon o Elion, che Abramo<br />

conobbe come El Elion. (56) Oltre al soprannome di serpenti, essi avevano quello di<br />

“costruttori” e “architetti” perché la grandezza dei loro templi e monumenti era così<br />

immensa che anche oggi i resti polverizzati di essi, come dice Taliesin, “fanno paura ai<br />

calcoli, matematici dei nostri ingegneri”. (57)<br />

De Bourbourg insinua che i capi di nome Votan, il Quetzal-Cohatl, o divinità serpente<br />

messicana, siano i discendenti di Cham e di Canaan. “Io sono Hivim”, essi dicono. “Ed<br />

(54) Cartas, 53, 7-62.<br />

(55) Die Phönizier, 70.<br />

(56) Vedi Sanchuniaton in Praeparatio Evangelica di Eusebio, 36; Genesi 14.<br />

(57) “Archaeological Society of the Antiquaries of London”, vol. XXV, pag. 220.<br />

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