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Notizie istoriche de' comici italiani - irpmf

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Maestà Cattolica in Venezia Don Luigi Regio<br />

Principe di Campo Fiorito ec. ed il Libretto<br />

fu stampato in forma d’ottavo presso<br />

Alvise Valvasense 4 . Il Vitalba recitò sempre<br />

sotto il nome di Florindo, e fu Comico<br />

all’attual servizio di Sua Altezza Serenissima<br />

il Signor Duca di Modena Francesco I 5 . Lavorò<br />

con Francesco Cattoli 6 nel Teatro a San<br />

Luca, e con la Marta Bastona; travagliò con<br />

Antonio Sacco, e passò seco in Portogallo 7 .<br />

Rivide unitamente allo stesso l’Italia, riproducendosi<br />

di bel nuovo sulle Venete Scene;<br />

e pose egli meta alle sue fatiche morendo in<br />

Bologna in età non avanzata la Primavera<br />

dell’anno 1758 8 .<br />

Note<br />

1. In realtà nacque a Padova tra la fi ne del XVII e<br />

l’inizio del XVIII secolo. L’attore era stato il “maestro”<br />

di Albergati Capacelli (cfr. G. Guccini, La vita non<br />

scritta di Carlo Goldoni. Prolegomeni e indizi, in «Medioevo<br />

e Rinascimento». Annuario del Dipartimento<br />

di Studi sul Medioevo e il Rinascimento dell’Università<br />

di Firenze, 1992, III, p. 351). BIBLIOGRAFIA:<br />

Rasi, III, pp. 681–683; Leonelli, II, pp. 445–446;<br />

Enc. Spett., IX, col. 1723.<br />

2. A questo proposito si legga quanto scrive Goldoni<br />

nella Prefazione dell’edizione Pasquali, tomo XII, in<br />

Goldoni, I, pp. 712–713: «Primo amoroso in attuale<br />

esercizio Antonio Vitalba Padovano, comico il più<br />

brillante, il più vivo che siasi veduto sopra le Scene.<br />

Parlava bene e con una prontezza ammirabile, e niuno<br />

meglio di lui ha saputo, come dicono i Commedianti,<br />

giocar le Maschere: cioè sostenere le scene giocose<br />

colle quattro Maschere della Commedia Italiana, e<br />

farle risaltare e brillare. Qualche volta però gli Arlecchini<br />

si dolevan di lui, perché scordandosi il carattere<br />

dell’Amoroso, faceva egli l’Arlecchino. Mi sovviene,<br />

che rappresentando il mio Bellisario (in cui sosteneva<br />

egli un tal Personaggio), nella scena tenera e dolente, in<br />

cui comparisce senz’occhi, con un bastone alla mano,<br />

moralizzando sulle vicende umane, diede un colpo di<br />

bastone a una guardia per far ridere l’Uditorio. Nelle<br />

scene più serie e più interessanti cercava di cavar la risata;<br />

e non esitava a rovinar la Commedia, quando gli<br />

potea riuscir di far ridere. Eppure piaceva al Pubblico,<br />

Francesco Bartoli – 453<br />

ed era l’idolo di Venezia; e licenziato qualche anno<br />

dopo dalla Compagnia di S. Samuele, fu preso con<br />

avidità dalla compagnia di S. Luca». Nonostante tali<br />

licenze, l’attore appariva convincente nel ruolo del<br />

capitano: «malgrado qualche licenza comica ch’egli si<br />

prendeva di quando in quando, sosteneva talvolta con<br />

forza ed arte maestra la dignità di un Capitano valoroso,<br />

intrepido e perseguitato» (Goldoni, I, p. 719).<br />

3. Nella pièce goldoniana Don Giovanni Tenorio o sia<br />

Il dissoluto dietro al personaggio di Carino, pastore<br />

innamorato e più volte beff ato da Elisa, ma vincitore<br />

morale su Don Giovanni, presentato come inetto<br />

e reiterato seduttore, si celano le fi gure di Goldoni,<br />

innamorato di Elisabetta Passalacqua, la quale gli<br />

preferì Vitalba (l’episodio viene narrato nella Prefazione<br />

all’edizione Pasquali, tomo XVI, in Goldoni,<br />

I, pp. 729–730 e anche da un immaginario Goldoni<br />

nel Monologo della Spigliatezza in L. Rasi, Il libro<br />

dei Monologhi, Milano–Napoli–Pisa, Hoepli, 1888,<br />

pp. 69–84).<br />

4. L’attribuzione della traduzione della tragedia al<br />

Vitalba è dovuta alla dedica: essa, infatti, è scritta da<br />

«Antonio Vitalba detto Florindo Comico e servidore<br />

attuale di S. A. S. il Signor Duca di Modena, Reggio,<br />

Mirandola etc.» (Alzira, tragedia del Signor di<br />

Volter da’ rappresentarsi nel famoso Teatro Grimani<br />

di S. Samuele nel carnevale dell’anno 1738, Venezia,<br />

presso Alvise Valvasensi, [1738], pp. 3–4). La tragedia<br />

era già stata pubblicata nella raccolta di opere teatrali<br />

francesi tradotte da vari scrittori, che uscì a Bologna<br />

in dieci volumi dal 1724 al 1747 presso Lelio dalla<br />

Volpe. Salvioli asserisce che tale traduzione non<br />

fu compiuta dal Vitalba, a dispetto dell’attribuzione<br />

del Melzi (G. Salvioli–C. Salvioli, Bibliografi a universale<br />

del teatro drammatico italiano con particolare<br />

riguardo alla storia della musica, Venezia, Carlo Ferrari,<br />

1903, p. 146). Anche Luigi Ferrari (Le traduzioni<br />

italiane del teatro tragico francese nei secoli XVII<br />

e XVIII. Saggio bibliografi co, Genève, Slatkine, 1974,<br />

pp. 13–15) confuta la paternità letteraria del comico,<br />

suggerendo che il testo potrebbe essere una ristampa,<br />

seppure con varianti minime, della versione di Vincenzo<br />

Alfonso Fontanelli edita in Bologna nel 1737.<br />

Fontanelli, infatti, famoso anche per le traduzioni<br />

delle opere più impegnate di Voltaire, come Maometto<br />

e La Roma salvata, aveva verseggiato in italiano<br />

© IRPMF, 2010 – Les savoirs des acteurs italiens, collection dirigée par Andrea Fabiano

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