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Harry Potter e i Cimeli della Morte
esattamente dove voleva andare. Guardò al suo fianco, sua
madre gli sorrise e suo padre gli fece un cenno di
incoraggiamento.
Si erano messi in cammino da pochi minuti, quando
Harry vide una luce davanti a lui. Yaxley e Dolohov
entrarono in una radura che Harry riconobbe come quella
in cui, un tempo, aveva vissuto il mostruoso Aragog. I
resti della sua immensa ragnatela erano ancora lì, mentre
la nidiata dei suoi discendenti era stata portata altrove dai
Mangiamorte, a combattere per la loro causa.
Un fuoco ardeva al centro della radura, la luce
guizzante ricadeva su una folla di Mangiamorte vigili e
completamente silenziosi. Alcuni di loro erano ancora
mascherati e incappucciati, altri mostravano il volto. Due
giganti sedevano all’estremità del gruppo, proiettando
ombre imponenti sulla scena, i tratti del viso feroci e rozzi
come scolpiti nella roccia. Harry vide Fenrir, nascosto e
intento a mangiarsi le unghie, il grosso, biondo Rowle si
stava tamponando un labbro sanguinante.
Vide anche Lucius Malfoy, che sembrava sconfitto e
impaurito, e Narcissa con gli occhi incavati e colmi di
apprensione.
Tutti gli occhi erano puntati su Voldemort, che stava
in piedi con il capo chino, le mani esangui congiunte
sull’Antica Bacchetta dinanzi a lui. Sembrava stesse
pregando, o contando mentalmente in silenzio, e ad Harry,
in piedi sul limitare di quella scena, giunse l’immagine
assurda di un ragazzino intento a giocare a nascondino.
Dietro la testa di Voldemort, avvolgendosi e
attorcigliandosi senza sosta, il grande serpente Nagini