miguel de unamuno frente al modernismo religioso - Gredos ...

di Antonio Fogazzaro (1911), etc., si sono moltiplicate le conferenze, le
commemorazioni, i centenari, gli anniversari, i dibattiti giornalistici e gli studi
investigativi che non hanno solo contribuito a risollevare una remota controversia,
ma hanno anche approfondito alcuni aspetti ideologici del movimento che
giacevano in oblio. Con maggiore lucidità si è riusciti a sviscerare le radici
dottrinali di una riforma senza scisma che non appare più, come allora, tanto
arbitraria all'umanità invecchiata d'un secolo. Oggigiorno è chiaro a tutti che il
modernismo religioso, malgrado la propria eterogeneità e le aporie di cui sopra,
non possa essere classificato come un fenomeno d'aberrazione dell'intelletto – così
si legge nella Pascendi –, frutto della superbia, della brama di mettersi in mostra e
dall'ansia di originalità di quei sacerdoti o intellettuali laici.
Finalmente siamo riusciti a capire che fu un fenomeno culturale dalle vaste
proporzioni e, allo stesso modo che il suo omonimo modernismo formale, siamo
riusciti ad affrancarlo da quella macchia dispregiativa da cui nacque il termine
quando i difensori dell'ortodossia, tanto culturale quanto religiosa, iniziarono a
utilizzare il vocabolo modernismo per stigmatizzare gli eccessi della modernità.
Sfortunatamente, a partire da metà Novecento, la critica laica religiosamente
disinteressata, ma culturalmente molto interessata, prese a intravedere istanze
innovatrici del cattolicesimo e bagliori di modernismo negli angoli più reconditi
della società civile e religiosa di ogni paese, ottenendo il solo risultato di sottrarre
merito al pensiero d'avanguardia degli autentici propugnatori della ribellione. È
questo il caso della Spagna, nazione proverbialmente ricca di mistici, ma debole
in teologia, la cui critica percepì la carenza di un prestigioso dibattito culturale e
cercò a ogni costo di presentare al mondo i suoi illuminati rappresentanti del
movimento. Azorín, Antonio Machado, Rubén Darío, Juan Ramón Jiménez, Pío
Baroja, Ramiro de Maeztu e Felipe Trigo – fra i laici –, Juan González Arintero,
Graciano Martínez, Alonso Getino, Matías García, Pedro Martínez y Vélez,
Miquel d'Esplugues e Rupert M a . de Manresa – fra gli ecclesiastici –, entreranno,
per alcuni ispanisti, nel novero dei perseguitati e nel gruppo oggetto della
condanna. Ma che tale classificazione sia, se non altro, superficiale appare
evidente nel momento in cui ci si accorge di due incredibili sviste: quella relativa
al sacerdote, teologo e professore del Seminario Central di Santiago de
Compostela, Ángel Amor Ruibal, e quell'altra del padre francescano Francisco
Marín Sola. Se si eccettuano alcune fugaci allusioni di Laboa (Ínsula, 1998), Fusi
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