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miguel de unamuno frente al modernismo religioso - Gredos ...

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per dirle che anche in me v’è <strong>al</strong>cunché di simile. Vi è in me da qu<strong>al</strong>che tempo la<br />

frenesia <strong>de</strong>lla oggettività ch’io so tuttavia impossibile; e vi è, accanto, una c<strong>al</strong>da<br />

vita interiore.<br />

Dirò meglio. Io vivo intensamente, nel mio interno; sono un uomo <strong>religioso</strong><br />

infine. E nello stesso tempo ho il vivissimo bisogno di an<strong>al</strong>izzare questa mia<br />

stessa religiosità.<br />

[Siguen tres líneas tachadas] (Perdoni questa cancellatura. Dicevo una<br />

sciocchezza che ho pensato qu<strong>al</strong>che tempo fa, ma che son riuscito a cacciare). Ora<br />

questa an<strong>al</strong>isi è natur<strong>al</strong>mente impotente a seguire nelle sue radici divine il<br />

fenomeno <strong>religioso</strong>. Perché è un’an<strong>al</strong>isi oggettiva (che stupida parola, nevvero?).<br />

Conosce lei le critiche <strong>de</strong>l Leuba <strong>al</strong>l’ultima parte <strong>de</strong>lle Varietà <strong>de</strong>lla coscienza<br />

religiosa <strong>de</strong>l James?<br />

Il fatto e le briglie <strong>de</strong>lla logica ci impediscono d’andar oltre questo mondo che<br />

vediamo. Ve<strong>de</strong>, a tratti io mi rido <strong>de</strong>l fatto e <strong>de</strong>lle briglie e vivo. Penso, t<strong>al</strong>volta, di<br />

lasciare ogni cosa inutile ed esterna e di sognare iddio e la immort<strong>al</strong>ità sempre. Di<br />

viaggiare, penso, questi strani mondi fatti di silenzio, ch’io costruisco in me e<br />

questi <strong>al</strong>tri mondi che sono <strong>al</strong> di là <strong>de</strong>lle porte <strong>de</strong>ll’anima mia. Ma il bisogno<br />

oggettivo ritorna. A volte si accorda con l’<strong>al</strong>tro bisogno e s’entusiasma e vive; ma<br />

spesso mi pone nell’anima il tormento. Lo soggiogherò a poco a poco. Ella mi ha<br />

parlato di Kierkegaard e mi ha così richiamato <strong>al</strong>la memoria lo pseudonimo di<br />

frater taciturnus ch’io adotterò scrivendo nel Rinnovamento le cose ch’io trovo,<br />

nel silenzio, <strong>de</strong>ntro di me. Con G. Boine segnerò quelle <strong>al</strong>tre cose ch’io penso e<br />

studio seguendo il bisogno esteriore. E vorrò parlare di questo mio tormento.<br />

Non ho letto mai nulla di Sören Kierkegaard ma ho sentito parlarne ed ho visto,<br />

mi pare, qu<strong>al</strong>che scritto intorno a lui. Appena posso, seguirò il suo consiglio. Ed<br />

intorno <strong>al</strong> cristianesimo concepito come aspirazione in<strong>de</strong>finita, come sete non mai<br />

dissetata, le dirò ch’io non so pensarlo <strong>al</strong>trimenti. Un amico mio col qu<strong>al</strong>e<br />

passeggiavo un giorno mi disse: «S’io sapessi di dover morire giungendo <strong>al</strong> fine<br />

di questa via, ti direi l’essenzi<strong>al</strong>e». E mi pose nell’anima una sete di ciò che è<br />

l’essenza contrapposto <strong>al</strong> contingente ed <strong>al</strong>l’inutile, una sete che mi guida ancora e<br />

mi fa passare accanto <strong>al</strong>le cose senza ch’io le veda; cerco l’essenzi<strong>al</strong>e.<br />

Ma se l’amico m’avesse <strong>de</strong>tto: «Ecco, questa è l’essenza; impar<strong>al</strong>a, ponila<br />

<strong>de</strong>ntro di te». Se m’avesse fatto padrone di essa, certamente mi sarebbe sembrata<br />

povera cosa.<br />

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