miguel de unamuno frente al modernismo religioso - Gredos ...

conto gli somministrano l’oppio mortifero della loro educazione. Finiranno col
fare del cattolicismo romano una specie di buddismo tibetano». Onde, sulla penna
di Unamuno, il verdetto impressionante: il cristianesimo e la nostra civiltà stanno
perpetrando il suicidio dello scorpione, che, minacciato dalle fiamme, infigge
nella propria testa il suo aculeo avvelenato.
Ma, Unamuno, il vostro mal dissimulato trapasso dalla raffigurazione
dell’«agonia» – etimologicamente intesa – del cristianesimo, alla diagnosi crudele
della sua preoccupante «agonia», nel significato corrente della parola, nasconde
una inconseguenza capitale.
Se il cristianesimo è, tutto, nei coefficienti agonici, ma strettamente
individualistici in cui l’avete scomposto, anche i monaci tibetani, comunque
travestiti, possono avervi diritto di cittadinanza, per combattervi, anch’essi a loro
modo, l’eterno duello fra la fede nella risurrezione della carne e la fede nella
immortalità dell’anima: fra la paternità fisica e quella spirituale.
Ma voi, Unamuno, siete in questo caso vittima dell'accettazione preliminare del
postulato gesuitico che il fine del cristianesimo sia per intero nella sistemazione
economica di un affare strettamente personale, quello della propria salvezza.
No. L’ideale del Regno di Dio non si è estinto con la delusione di coloro che
osannarono il Cristo, il dì del suo ingresso a Gerusalemme. Ed è un ideale
squisitamente associato. La vera «agonia» del cristianesimo storico è nello sforzo
di inserire la redenzione del singolo nell’ascensione morale e sociale della
collettività. E quello sforzo «agonistico» si ottunde e si paralizza, cedendo il posto
ad una «agonia mortale», quando ci si dimentica, per la preoccupazione angusta
della propria paternità di qualsiasi genere, che il Vangelo ha innalzato l’uomo alla
libertà, alla pace, alla gioia, proclamando una sola paternità e una sola signorìa,
quella di Dio, e una sola giustizia, quella del suo Regno.
ERNESTO BUONAIUTI
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