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miguel de unamuno frente al modernismo religioso - Gredos ...

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Illustre Signore,<br />

7-II-1907<br />

non so bene perché non le ho scritto prima d’ora. Sono stato triste per molto<br />

tempo e questa sera ho veduto per strada una strana figura di sacerdote nordico, un<br />

viso di sognatore, che m’ha riempito non so bene di che. Ma non sono più triste;<br />

queste inutili cose che mi soffocavano, non le sento più; ho l’impressione d’avere<br />

l’anima piena di canto e di sogno. Ho qui d’innanzi la sua lettera dove mi parla di<br />

«murria» e di «congoja», due cose che hanno radici profon<strong>de</strong> nella mia anima. Ma<br />

questa sera non sono angosciato; eppure non so perché, sento il bisogno di<br />

scriverle.<br />

Le sono con tutto il cuore grato di chiamarmi: «amigo». Questa parola m’ha<br />

fatto bene. Un amico lontano, che mi vuol bene, un amico puro! È una cosa ch’io<br />

ho sognato a lungo e che non ho trovato mai. Ed è questo inutile sognare che<br />

m’aveva posto in tristezza. Mi pareva che gli uomini fossero interamente di carne,<br />

cieche macchine. Ho dovuto studiare in questi ultimi tempi, per una cronaca di<br />

psicologia religiosa che preparo, ho dovuto studiare ciò che gli psicologi-medic<strong>al</strong>i<br />

e la gente <strong>de</strong>ll’École <strong>de</strong> psicologie parigina dice intorno <strong>al</strong> fatto <strong>religioso</strong>.<br />

E queste miserie umane, questo continuo accostamento <strong>de</strong>lla sessu<strong>al</strong>ità <strong>al</strong>la<br />

religione mi aveva nauseato ed anche un poco turbato. Gli uomini mi parevano<br />

interamente di carne. Ho letto quasi tutti i suoi ensayos nella España Mod. e ho<br />

letta la Vida <strong>de</strong> D. Quijote.<br />

Ed ho notato ch’ella cita spesso la Vida es sueño di C<strong>al</strong><strong>de</strong>rón. Alcune volte non<br />

si capisce bene s’ella dubiti o no nonostante il Plenitud <strong>de</strong> Plenitu<strong>de</strong>s ch’io ho<br />

<strong>de</strong>scritto agli amici come il cantico <strong>de</strong>lla immort<strong>al</strong>ità.<br />

E mi pare che vi sia in lei la continua coscienza <strong>de</strong>lla vanità <strong>de</strong>lle cose e di noi<br />

stessi, e tuttavia anche il bisogno continuo e sconfinato di vita <strong>al</strong> di là <strong>de</strong>i tempi,<br />

che si manifesta nel «credo <strong>al</strong>la mia pienezza! – voglio la mia pienezza!» E così?<br />

Gli amici mi hanno obbligato a scrivere in fretta e furia una notizia sulla Sua<br />

opera e su di lei, per pubblicarla in questo secondo numero <strong>de</strong>l Rinnovamento.<br />

Ho dovuto farla, ma non mi piace, e non ho <strong>de</strong>tto tante cose ch’io vado<br />

pensando di lei e che avrei scritte se mi avessero dato tempo. Mi perdoni. Del<br />

resto bastava introdurla; Ella stessa rimedierà <strong>al</strong>la mia insufficienza con una<br />

costante collaborazione di cui, insieme agli amici, la prego. Nella mia «notizia»<br />

neppure ho <strong>de</strong>tto questa cosa di cui le ho parlato più sopra. E gliene ho parlato ora<br />

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