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Capitolo 2. Dimore di uomini celebri, case di letterati, atelier d’artista.<br />

un ampio terrazzo, una cucina stile anni 1970, una camera da letto e lo studio<br />

composto da una ruvida scrivania di legno opera dell’amico scultore Sebastian<br />

Shadhauser e dalla celebre macchina da scrivere Olivetti. Nelle stanze sono<br />

disposti pochi mobili, dalle linee essenziali, tessuti geometrici, tavolini in vetro,<br />

dischi in vinile, maschere e souvenir etnici dei tempi in cui viaggiare era ancora<br />

un’avventura d’élite e l’artigianato esotico una curiosità culturale. Ovunque<br />

negli ambienti sono ben allineati libri, perfettamente ordinati sugli scaffali come<br />

impone il rigore del pensiero, e quadri d’autore, soprattutto ritratti.<br />

Un topos spaziale: la finestra e lo scrittoio<br />

Nell’analizzare un numero considerevole di case di letterati dell’Ottocento e<br />

del Novecento, si è potuto constare la ricorrenza di alcuni elementi spaziali e<br />

culturali. In particolare nelle case di scrittori è frequente ritrovare piccoli studi,<br />

collegati ad ampie biblioteche. Il “pensatoio” dello scrittore è in genere ben<br />

separato dal vivere e dal agire quotidiano, silenzioso e solitario, in un angolo<br />

remoto della casa, una nicchia protetta che si apre sul mondo esterno attraverso<br />

un’unica finestra.<br />

Questo topos prende probabilmente la sua origine nell’antico carrel, cioè la<br />

nicchia per lavorare costituita da un banco, due stalli e una finestra, presente<br />

nelle sale di lettura delle antiche biblioteche. Nel Medio Evo, i carrel, posizionati<br />

nei chiostri o negli scriptoria dei monasteri, venivano utilizzate dai monaci<br />

per leggere e scrivere; la ripetizione del dispositivo minimo permetteva la<br />

suddivisione delle sale di lettura in tante piccole e concluse cellule di studio.<br />

Singolare a questo proposito lo spazio che George Bernard Shaw (1856-1950)<br />

costruisce per sé stesso a Londra come luogo per poter scrivere. Egli vive gli<br />

ultimi quarant’anni della sua vita in una casa vittoriana a Ayot Saint Lawrence<br />

dove realizza in giardino la stanza di lavoro, da lui chiamata The Shelter. Si tratta<br />

di un piccolo rifugio a pianta quadrata di due metri e mezzo di lato, con le pareti<br />

in legno dipinte all’interno di bianco, che contiene lo stretto necessario per<br />

scrivere: il tavolino, una sedia di vimini, uno scaffale di libri, il cestino per la carta<br />

183<br />

Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.

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