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Capitolo 2. Dimore di uomini celebri, case di letterati, atelier d’artista.<br />

pittori, scultori e architetti di successo cominciano a utilizzare gli spazi in cui<br />

abitano e operano come mezzi per comunicare la loro emancipazione sociale<br />

dallo status di artigiani. L’acquisizione di titoli nobiliari da parte di singoli artisti<br />

è un fenomeno di cui troviamo esempi isolati già nel Quattrocento italiano; ma<br />

la tendenza si accentua in misura considerevole a partire dal secolo XVI, nel<br />

periodo cioè che vede diffondersi anche il fenomeno della casa d’artista.<br />

Nel Seicento è Gian Lorenzo Bernini il prototipo dell’artista di successo,<br />

animatore per decenni di una delle più ampie e meglio organizzate botteghe del<br />

tempo, l’artista abitava un grande palazzo romano nell’attuale via della Mercede,<br />

per il quale aveva realizzato una delle sue opere più famose: la Verità svelata<br />

dal tempo (1646-1652), rimasta in possesso dei sui eredi come monumento di<br />

famiglia fino al 1924, anno in cui fu acquistata dalla Galleria Borghese.<br />

Nel Seicento la casa dell’artista non è solo un’esibizione di status sociale ma è<br />

un’appendice della bottega, un attributo della fama dell’artista, un mausoleo<br />

e un monumento all’eccellenza della sua arte. Al interno dell’abitazione viene<br />

esibita la collezione di opere d’arte dall’artista stesso scelte a modello o come<br />

diletto. Ne è un esempio il dipinto lo studio di Apelle di Willlem van Haecht.<br />

Esempio d’oltralpe è la fastosa dimora di Peter Paul Rubens (1577 -1640) ad<br />

Anversa, l’impianto dell’abitazione è interamente incentrato sulla bottega<br />

dell’artista chiaramente visibile anche dalla strada, caratterizzata dalla Rotonda<br />

e dalla Kunstkammer, due sale dai caratteri monumentali, il cui disegno trae<br />

ispirazione dai trattati di Sebastiano Serlio e Vincenzo Scamozzi. Ambienti<br />

pensati non più solo per la pratica e l’apprendimento ma progettati per accogliere<br />

collezionisti e amatori, predisposti per la contemplazione delle opere esposte<br />

come in una galleria e per l’osservazione, a una certa distanza, dell’artista al<br />

lavoro. La bottega, che prima del Quattrocento era considerata luogo in cui si<br />

esercitava un mestiere povero e vile, in questo caso diventa studio, e si trasforma<br />

nel tempo in un luogo per il culto e il ricordo dell’artista che vi ha lavorato, in un<br />

tempio dell’arte.<br />

Di qui prende avvio la trasformazione della casa-atelier verso il foyer, che<br />

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Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.

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