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Capitolo 4. La casa diventa museo. Il progetto di architettura.<br />

La casa di Eleonora Duse, ricostruita da Pier Luigi Pizzi in una mostra a Venezia.<br />

Tra le più importanti attrici teatrali italiane della fine dell’Ottocento, inizi<br />

Novecento, Eleonora Duse (1858-1924) è il simbolo del teatro moderno. Figlia<br />

di attori, infatti, la Duse inizia la sua carriera giovanissima dando le prove di<br />

un’inequivocabile talento nel 1873, interpretando il ruolo di Giulietta nell’Arena<br />

di Verona.<br />

La Fondazione Cini celebra nel 2001 il cinquantesimo anniversario della sua<br />

istituzione e, per l’occasione, organizza la mostra “Divina Eleonora. Eleonora<br />

Duse nella vita e nell’arte (1858-1924)”.<br />

La Fondazione custodisce a Venezia sull’Isola di San Giorgio Maggiore, infatti, la<br />

più vasta raccolta di lettere e documenti dell’attrice, che utilizza per organizzare<br />

l’esposizione.<br />

Il percorso dell’allestimento attraverso documenti inediti, una ventina di preziosi<br />

abiti e una serie di oggetti appartenuti all’attrice offre una visione intima e<br />

privata della Duse, mostrando il mondo interiore, le accecanti passioni e gli<br />

amori travagliati dell’attrice, tra cui il primo grande amore per Arrigo Boito e<br />

la corrispondenza con D’Annunzio, unico documento sopravvissuto all’ordine<br />

dell’attrice di dare alle fiamme tutte le lettere del poeta.<br />

L’attrice prima di morire giovanissima negli Stati Uniti definisce la sua esistenza<br />

come “una vita che pare fatta di cocci” ed è proprio ricucendo e ricollocando<br />

questi “cocci” che la mostra di Venezia riesce a restituire un’esistenza perduta,<br />

attraverso i segni materiali di una vita tormentata, dislocata, inquieta, che<br />

assumono un nuovo significato simbolico.<br />

Questa probabilmente la chiave di lettura del ‘teatrale’ allestimento di Pier<br />

Luigi Pizzi che conferisce forte rilievo allusivo e rievocativo alle cose. Gli oggetti<br />

vengono collocati in un’ambientazione priva di tempo e di confini, caratterizzata<br />

dal colore nero delle pareti e dall’esplicita rinuncia ad un ordinamento,<br />

cronologico del materiale.<br />

Il suggestivo allestimento, attraverso cimeli e immagini, è improntato su una<br />

530<br />

Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.

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