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Capitolo 2. Dimore di uomini celebri, case di letterati, atelier d’artista.<br />

interessante, quindi, analizzare le case che gli architetti hanno costruito per sé<br />

stessi. Potrebbero essere, in un certo senso, assimilabili alle autobiografie. Il<br />

luogo, la struttura, le luci, le opere d’arte, l’arredamento, ogni dettaglio aggiunge<br />

colore alla storia”.<br />

Per concludere le dimore degli architetti sono veri e propri progetti esemplificativi<br />

di una concezione dell’abitare e del fare architettura che nella propria abitazione<br />

si esprime senza limiti di committenza e influenze esterne. Per questo motivo<br />

la casa del maestro d’architettura è spesso un edificio che evolve nel tempo,<br />

assecondando un’esigenza di sperimentazione e ricerca, insita nella natura<br />

dell’arte.<br />

La musealizzazione di una casa di un architetto deve poter mantenere vivi i pensieri<br />

del suo artefice e del suo fruitore “secondo una prospettiva contestuale che lega<br />

le cose alle case e le case al territorio attraverso quel atto fondamentalmente<br />

critico che è l’architettura, nei suoi esterni e nei suo interni, che restano il più<br />

autentico sfondo, la griglia ordinatrice, dell’allestimento museale” 92 .<br />

92 Maria Clara Ruggieri Tricoli, I fantasmi e le cose, Milano, Lybra Immagine, 2000, pag. 143.<br />

286<br />

Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.

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