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Capitolo 1. La dimora storica. Un patrimonio diffuso nel territorio.<br />

Vera e propria cellula metallica diventa la casa di Achille Castiglioni progettata<br />

per la mostra “Il progetto domestico” in occasione della XVII Triennale di Milano.<br />

Rileggendo un’opera dell’architetto inglese D G Hoey, Castiglioni propone una<br />

casa di 72 mc per sei persone, alta 4,20m, con una superficie di circa 17 mq. La<br />

crescente miniaturizzazione del dispositivo domestico lo rende a poco a poco<br />

gabbia, cella, loculo.<br />

Un medesimo senso di oppressione si respira nelle opere del pittore Edward<br />

Hopper. Le scene domestiche, apparentemente incondizionate dipinte da<br />

Hopper mostrano un universo di anime malinconiche, solitarie e metafisiche. La<br />

figura umana si muove come un’ombra inquieta all’interno di vuoti contenitori<br />

di solitudine esistenziale e di incomunicabilità invalicabile.<br />

Nella casa vissuta e progettata come roccaforte privilegiata della privacy<br />

il confine tra un interno privato e un esterno sociale finisce col perdere ogni<br />

possibilità di essere articolato in una prossimità. Alla segregazione esterna della<br />

gate community, il condominio fortificato e telesorvegliato dove il ricco si isola<br />

dalla città che lo circonda risponde un interno delocalizzato dall’estensione<br />

delle tecnologie che fa coincidere il minimo della comunicazione corporea con il<br />

massimo della comunicazione virtuale.<br />

La dimora iperprotetta interrompe ogni continuità con lo spazio urbano, ostenta<br />

la propria extraterritorialità, non abita alcuna strada e ben presto forse alcuna<br />

città e alcun paese, ma è progettata come un’intelligenza capace di comunicare,<br />

da élite a élite, con i punti più lontani del pianeta attraverso la “grande rete”. La<br />

casa contemporanea è progettata per essere in perenne transito tra le immagini<br />

che si danno il cambio sulle sue superfici, proprio come lo scrittore Ray Bradbury<br />

l’aveva immaginata in Farheneit 451: casa-medium, casa-schermo che introietta il<br />

lontano e allontana il vicino, casa-lager segregata nella cattiva infinità del globale<br />

al lato opposto di una città finita dove la penuria di alloggi respinge gli uomini<br />

uno sull’altro.<br />

Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.<br />

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