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Capitolo 2. Dimore di uomini celebri, case di letterati, atelier d’artista.<br />

L’atelier bohémien e l’appartamento di città.<br />

Nella seconda metà del XIX secolo nelle grandi capitali dell’arte nascono nuclei di<br />

pittori bohémien, essi risiedono in dimore di risulta, caratterizzate dalle necessità<br />

specifiche di chi le abita, dalla rispettiva estrazione sociale e dalle scarse possibilità<br />

economiche proprie della stragrande maggioranza dei giovani artisti. La mancata<br />

conservazione dei molti esempi di atelier bohemien ricavati in soffitte, laboratori<br />

e locali aperti su cortili di edifici fatiscenti, costringe a ricorrere a documenti<br />

indiretti, siano essi disegni, stampe e oli raffiguranti studi di pittori.<br />

Nel primo decennio dell’Ottocento la descrizione della soffitta in cui Tommaso<br />

Minardi61 (1787 – 1871) lavora mostra contemporaneamente lo studio e<br />

l’abitazione: i fogli sparsi in un pittoresco beau désordre, il compasso, il bucranio,<br />

ma anche il lavabo e il pagliericcio su cui il pittore si avvolge nel mantello.<br />

Nel 1857 il pittore Eugène Delacroix (1798 - 1863) si stabilisce in un piccolo<br />

appartamento al primo piano di un palazzo che si affaccia sulla raccolta piazzetta<br />

Furstenberg, nei pressi dell’antica Abbazia di Saint-Germain des Prés a Parigi.<br />

All’alloggio di Delacroix si accede attraverso un vano scala posizionato al<br />

centro della facciata dell’edificio e gode di una vista verso un giardino interno,<br />

caratterizzato da silenzio e riservatezza. L’atelier, che è separato dall’appartamento,<br />

si trova nel giardino, lo spazio interno presenta la sistemazione tipica di un<br />

atelier del periodo, ricavato in un ambiente sorto con altra destinazione d’uso.<br />

Una certa confusione regna all’interno della stanza, con la compresenza di<br />

tavoli, poltrone e sgabelli, cavalletti e ripiani colmi di volumi e fogli di appunti,<br />

quadri di ogni formato e soggetto appesi a pareti spoglie e una stufa. Sul fondo<br />

l’ampio spazio ritrova il suo elemento ordinatore nella grande vetrata, il punto<br />

centrale in questa emblematica rappresentazione prospettica; l’opera d’arte,<br />

assoluta protagonista della raffigurazione, è regolamentata unicamente dalla<br />

luce naturale diurna che, diffondendosi in modo pacato e costante, ne permette<br />

il suo stesso concepimento. La successiva trasformazione in museo, estranea alle<br />

61 Si veda a questo proposito il dipinto di Tommaso Minardi, Autoritratto, Firenze, Uffizi.<br />

234<br />

Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.

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