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Capitolo 2. Dimore di uomini celebri, case di letterati, atelier d’artista.<br />

spinge sempre di più verso una retorica del silenzio. Le due abitazioni sono infatti<br />

concepite intorno a un nucleo centrale, un vuoto che segna gli edifici sul piano e<br />

nello spazio. La simmetria dell’impianto non è dissimulata ed anzi è esaltata nella<br />

sua rigidezza. Ogni corrispondenza è speculare e meccanica, tesa solo all’evidenza<br />

del processo, l’organismo si genera per ampliamento e ripetizione: dalla stanza<br />

centrale, che coincide con la casa stessa, all’anello degli spazi laterali.<br />

La ricerca di una sofisticatezza che riscatti le condizioni materiali produce prima<br />

una composizione articolata, incentrata sui ritmi dei volumi e dei chiaroscuri<br />

nella casa di Glashütte; poi trasla ad un assunto astratto nella dimora di<br />

Kämpchensweg. Il primato della forma è prima esaltazione armonica del dato<br />

empirico, poi visione di un principio assoluto.<br />

Per concludere con le parole di Ungers: “La casa è uno spazio per vivere, un luogo<br />

di lavoro, un modo di concepire il mondo e contemporaneamente un’occasione di<br />

esperimento. (...) Niente è più arduo e più tormentato di dover abitare una casa<br />

costruita da se stessi, esposti a un confronto senza fine con scelte compiute ed<br />

ormai irreversibili. (...) La casa è summa di conoscenze ed esperienze di vita, (...) è<br />

un pezzo di mondo e una parte d’esistenza, un piccolo universo, in cui si trascorre<br />

la propria vita. La casa non è una copia dell’idea di mondo, vita ed esistenza. È un<br />

brano esistenziale. (...) A trent’anni ho naturalmente voluto sperimentare tutto<br />

quello che mi è passato per il capo in campo architettonico. A settanta voglio<br />

abbandonare tutto quello che appartiene all’architettura e cerco la forma pura<br />

assoluta. Mi spiego: la prima casa in Belvederestraße mostra quel che io allora<br />

sapevo e sapevo fare. Nessuna possibilità è stata trascurata: zoccolo, parete,<br />

tetto, cornicione, intradosso, greve matericità, leggerezza, gronde sospese, in<br />

basso un massiccio basamento; sopra quante più aperture possibili. L’ultima<br />

non ostenta più nulla: niente basamento, niente cornicione, nessun intradosso,<br />

nessun tetto, nessun materiale, solo la pelle, la pura forma, nessuna metafora,<br />

nessuna allusione narrativa, sobria, liscia, precisa la Glashütte, nulla di più.” 85<br />

85 Oswald Mathias Ungers, Aforismi sul costruire case, in “AIÓN. Rivista internazionale di Architettura”<br />

n.14, 2007, p. 31-35.<br />

276<br />

Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.

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