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Capitolo 2. Dimore di uomini celebri, case di letterati, atelier d’artista.<br />

“Tutto questo disordine mi assomiglia; rende bene l’idea di ciò che mi passa per<br />

la testa. La mia vita è così. (…) Non combinerei nulla in uno studio ordinato: il<br />

caos genera energia”. Così la pensava Francis Bacon, l’artista scomparso nel 1992<br />

il cui atelier londinese è stato ricostruito fedelmente nella città natale di Dublino.<br />

L’atelier londinese del pittore Francis Bacon, al 7 di Reece Mews, era un accumulo<br />

di spazzatura, foto, ritagli, tubetti di colore, bottiglie di champagne vuote,<br />

pennelli, libri, tele squarciate, dischi, spugne, brandelli di tela dei pantaloni. Lo<br />

studio dell’artista è la casa della sua creatività, il luogo in cui la sua arte scorre più<br />

velocemente e trova la via per concretizzarsi sulla tela, fra le nervature del legno<br />

o su di un blocco di marmo.<br />

L’artista Sandro Chia, guardando i quadri di Gustav Klimt sulle pareti di un museo<br />

si sforza di immaginarli nello studio in cui erano nati, e ribadiva: “Volentieri,<br />

quando mi capita, mi soffermo a osservare le foto degli studi degli artisti. Ho<br />

notato che si somigliano: tele appoggiate al muro o sui cavalletti in attesa di<br />

essere completate, tavoli coperti di tubi di colore, pennelli, tavolozze incrostate,<br />

libri, fogli di carta, disegni e sento l’odore di trementina che mi è familiare. È<br />

ricorrente quella certa atmosfera di ordine al limite del caos, la tensione mista a<br />

calma e quella strana atmosfera d’ozio, eppure di lavoro. Gli studi si somigliano,<br />

ma sono anche intercambiabili?” 93<br />

Lo studio dell’artista ha rappresentato, nel corso dei secoli, la metafora di un<br />

universo esistenziale, opera essa stessa rivelatrice, come un manifesto di poetica,<br />

luogo di culto dell’artista che vi risiedeva.<br />

Questo fenomeno raggiunge il suo apice a cavallo tra il XIX e XX secolo quando<br />

lo studio d’artista divenne un tema iconografico alla moda, poiché l’atelier<br />

costituiva il luogo per eccellenza del gusto estetico e dell’ideologia artistica.<br />

Non è un caso che in tempi più recenti si ritrovino le due dimensioni di estrema<br />

segretezza e di un certo compiacimento nel rivelarsi attraverso il proprio ambito<br />

lavorativo.<br />

93 Sandro Chia, Travestito da Gustav e col gatto in braccio, in “Corriere della Sera”, 13 aprile 2004,<br />

p. 34.<br />

288<br />

Federica Arman, Le vite, le case e il progetto d’architettura. La valorizzazione museografica delle dimore di uomini celebri del Novecento.

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