TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

112 CAP. Ili - LITURGIA E SEGNI EFFICACI
morale e pur compiendosi nell'interiorità delle singole anime, trascende
immensamente, nella sua qualità e nella sua intensità, il
piano puramente psicologico, soggettivo e sperimentale di queste
singole anime; non si misura semplicemente a quella loro sintonia,
o ai loro meriti morali, tanto meno i meriti morali del ministro.
Come già osservato, l'opus operatum non ha niente a che fare
con l'azione magica. Tuttavia, non si può negare che esso, e ancora
più il modo comune di spiegare la necessità della sintonia morale
del soggetto nell'opus operatum solo come condizione previa al conferimento
della grazia da parte di Dio 10 , fa apparire la liturgia cattolica
come immensamente elevata al di sopra del semplice moralismo
e psicologismo protestante, per il quale il rito liturgico non trascende
mai il valore di un'esortazione e d'una predica. Se nella liturgia
l cattolica il fedele, pur senza poter mai sentirsi dispensato dall'impegno
morale e dalla sintonia morale della vita, sa che il suo incontro
con Dio avviene sopra una roccia ben altrimenti salda che le
sabbie mobili e malsicure del proprio soggettivismo e dei poveri
suoi sforzi morali, questo è dovuto anzitutto all'opus operatum.
Di qui si comincia a vedere — e più tardi bisognerà precisarlo
— in che modo la liturgia realizza l'equilibrio del binomio soggetto-oggetto,
uomo-Dio. Dall'opus operatum risulterà, infatti, non
solo che non sarà il soggetto a determinare l'oggetto, né l'uomo
a determinare Dio, ma che queste due grandezze non possono nemmeno
concepirsi come due dati paralleli, giustapposti o semplicemente
coordinati, ma devono essere considerati come due subordinate:
sta al soggetto ad accettare l'oggetto, a vibrare al suo unisono;
sta all'uomo ad accettare Dio e il suo dono.
Nell'attuazione liturgica, è Dio che attua nelle anime il mistero
di Cristo, mistero della Chiesa, della storia; Egli lo dà all'uomo,
glielo partecipa, ve lo attrae. La salvezza dell'uomo è, anzitutto, di
non ostacolare l'opera di Dio; poi di rispondere alla sua azione,
di sintonizzarsi all'oggetto che Egli oggettivamente gli presenta:
il mistero di Cristo; di lasciarsi dominare dalla sua maestà, di lasciarsi
attirare da esso. Non già, non è mai inutile ripeterlo in tutti
i modi, che l'uomo possa ridursi a un atteggiamento di eterodosso
quietismo; ma è innegabile che nella liturgia, massimamente in
quella dei sacramenti, appunto a causa dell'opus operatum,, realmente
e psicologicamente trionfa al primo piano la maestà dell'oggetto:
il mistero di Cristo attuato da Dio e non per virtù dell'uomo
sotto il velo dei segni, e la maestà di Dio che opera tutto in tutti.
Per cui, nella liturgia, l'incontro tra l'uomo e Dio non sarà organizzato
con un procedimento ove predomini l'introversione e l'analisi
psicologica. Infatti nella liturgia si tratta per l'uomo non tanto
10 Non nego tuttavia la necessità di approfondire più di quanto avviene
nella spiegazione comune il rapporto tra rito sacramentale e fede di colui che
lo riceve rispetto alla grazia che Dio conferisce nel sacramento. Ma, in ogni
ipotesi, l'opus operatum deve rimanere intatto e con ciò la trascendenza della
liturgia sullo psicologismo e il semplice moralismo.