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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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OPUS OPERANTIS ECCLESIA 127<br />

del rito, che Egli, per mandato speciale, ha dato potere alla gerarchia<br />

d'istituire e di compiere a suo nome quale capo <strong>della</strong> Chiesa,<br />

si avrà nei riti e nelle preghiere liturgiche propriamente dette d'istituzione<br />

ecclesiastica. Questi riti e queste preghiere non sono riti<br />

e preghiere di Cristo per mezzo dei suoi ministri allo stesso<br />

titolo che i sacramenti che operano ex opere operato, ma lo sono<br />

a un titolo superiore a quello delle azioni soprannaturali e delle<br />

preghiere che i semplici fedeli, uniti a Cristo e nella Chiesa, fanno<br />

a Dio, come privati.<br />

Per quale motivo i riti e le preghiere istituiti dalla gerarchia<br />

<strong>della</strong> Chiesa sono riti e preghiere di Cristo a un titolo inferiore<br />

a quello che avviene nella sostanza dei sacramenti, per cui, in<br />

questi, supposto tutto quello che deve essere supposto, Dio produce<br />

infallibilmente l'effetto spirituale senza farlo dipendere come da<br />

causa <strong>della</strong> dignità morale degli uomini, mentre nei riti e preghiere<br />

istituiti dalla gerarchia Egli lega l'effetto alla dignità morale <strong>della</strong><br />

Chiesa? L'unica risposta esauriente è la volontà positiva di Dio<br />

conosciuta per mezzo <strong>della</strong> rivelazione proposta dalla Chiesa. Per<br />

mezzo di questa, consta che Cristo non ha dato alla Chiesa il potere<br />

d'istituire riti e preghiere alla semplice posizione dei quali, ex opere<br />

operato, Egli avrebbe annesso il conferimento <strong>della</strong> grazia a colui<br />

che non vi avrebbe posto impedimento.<br />

Mentre ha dato alla gerarchia il potere d'istituire e compiere<br />

riti e preghiere, che, sebbene posti da uomini determinati dalla<br />

gerarchia, non sarebbero riti e preghiere di questi uomini a titolo<br />

d'individui privati, ma preghiere e riti <strong>della</strong> Chiesa stessa, pastori<br />

e fedeli, come corpo di cui Cristo è capo o sposa di cui Cristo è<br />

sposo. A questi riti e preghiere Dio avrebbe concesso i benefìci<br />

richiesti, non ex opere operato in virtù <strong>della</strong> semplice posizione del<br />

rito debitamente fatta, ma nemmeno soltanto secondo la dignità<br />

morale privata di quegli individui che compiono o sono oggetto<br />

di quei riti e di quelle preghiere, ma secondo la dignità morale <strong>della</strong><br />

Chiesa come sposa intimamente unita a Cristo suo sposo, o corpo<br />

intimamente unito a Cristo suo capo. Di questa Chiesa gli individui<br />

che compiono quei riti e quelle preghiere, non sono che i mandatari<br />

autenticamente delegati come tali dalla gerarchia che ha da Cristo<br />

il potere di fare ciò, e perciò autenticamente accettati come tali da<br />

Cristo e da Dio.<br />

L'« opus operantis Ecclesiae » e la distinzione<br />

tra <strong>liturgia</strong> e « pii esercizi »<br />

I concetti sopra esposti intorno all'opus operantis Ecclesiae<br />

sono il fondamento <strong>teologico</strong> <strong>della</strong> distinzione tra <strong>liturgia</strong> e « pii<br />

esercizi », nonché per la distinzione nel gruppo stesso dei pii esercizi<br />

tra quelli fatti per disposizione dell'autorità gerarchica (in<br />

primo luogo <strong>della</strong> Sede Apostolica e poi dei vescovi locali) e quelli

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