TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

ANGELI NELLA SCRITTURA 331
Così, nell'intenzione dell'autore, la scena della creazione, dello
stato primitivo dell'uomo e della sua caduta, non si svolge come
cosa che interessa solo Dio e l'uomo e la creatura infraumana,
ma anche, nello stesso tempo, la creatura angelica. Prima del peccato,
sotto il supremo dominio di Dio e nella sua familiarità, vi era armonia
tra la creatura angelica e l'uomo: l'uomo doveva vivere nel
paradiso, abitazione di Dio e degli angeli, in familiarità con Dio
e con gli angeli. Questo era l'ordine voluto da Dio, l'ideale primitivo.
Il peccato rompe l'unità dei rapporti non solo tra l'uomo
e Dio e tra l'uomo e la creatura infraumana, ma anche tra l'uomo
e l'angelo. Il peccato dell'uomo, rivolta contro Dio, è stato nello
stesso tempo un atto d'inimicizia contro l'angelo. L'essere superiore
malevolo, che agisce sotto le spoglie del serpente, ed era
già, come si suppone, in stato d'antagonismo contro Dio e contro
i suoi angeli, ha trascinato l'uomo dalla sua parte, non solo contro
Dio, ma anche contro i suoi angeli.
Così, nel dramma che si svolge nei capitoli secondo e terzo
del Genesi, si tratta di tutto il cosmo concepito come unità. Vi
si narra bensì direttamente la storia dell'uomo; ma questa storia
è inquadrata nell'ambito di una visione cosmica generale ed unitaria
delle cose: l'uomo fa parte d'un insieme immensamente più
vasto della stessa umanità. Il mondo angelico fa parte essenziale
di questa vasta unità voluta da Dio. Esso, non meno, anzi assai più
del mondo infraumano, è interessato allo stato dell'uomo, alla
sua storia, ai suoi rapporti con Dio. E l'uomo, a sua volta, è interessato
allo stato del mondo angelico, ai rapporti che gli angeli
di Dio hanno con l'umanità, nonché alla natura, alla storia, all'attività
di quell'essere malefico che si nascose sotto le spoglie del serpente
per trascinare l'umanità alla rovina.
Questo pensiero fondamentale del mondo angelico come facente
parte essenziale, assieme all'uomo e alla creatura infraumana, dell'unità
cosmica generale voluta da Dio, così visibile nel racconto dei
capitoli secondo e terzo del Genesi, è poi largamente supposto, ripetuto,
illustrato e sviluppato in tutto l'Antico Testamento. Il suo
concetto fondamentale intorno agli angeli è che essi costituiscono
la corte celeste di Jahweh e, verso il mondo, sono l'esercito di
ministri ed esecutori della volontà di Lui, l'unico creatore, padrone
e sommo re di ogni cosa.
In questo quadro generale, l'Antico Testamento ci fa vedere
gli angeli nei più diversi servizi agli ordini di Dio. Intorno a Jahweh
stesso e, per così dire al suo servizio personale, troviamo i cherubini
di Ezechiele (1,10), che appaiono in funzione di assistenti al
trono e come il trono stesso di Dio 2! . Quelli che Isaia (6) chiama
porta del paradiso, siano da Lui veramente indirizzate agli angeli, secondo un
modo frequente di rappresentare le cose nella Bibbia : vedi 1 Re 22,19-22; prologo
di Giobbe, Gb 1-2,6; Is 6,8.
25 Vedi anche Sai 17 (volg.), 11. Gn 3 suppone lo stesso. Così anche la rappresentazione
dei cherubini sopra l'arca nel tempio di Salomone : 1 Re 6,23 ss;
ICron 4,10 ss.