TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

768 CAP. XXIII - LITURGIA E PASTORALE. I PRINCÌPI
loro punto di riferimento e di incentramento, il fine verso il quale
devono condurre, dando loro così la necessaria unità, l'ordine giusto
e il rispettivo valore qualitativo. E questo è d'immenso valore anche
pratico, contro la dispersione inutile, le ipertrofìe, gli sfasamenti, il
fare incomposto e infruttuoso di quei troppi che credono agire molto
perché molto si agitano.
Poi, lo stesso fatto indica a ogni sacerdote nella sua vita personale
di santificazione individuale, che anche se il tempo che dedica
all'azione liturgica, specialmente alla messa, è relativamente breve
rispetto alle altre attività, è tuttavia proprio in quell'azione liturgica,
e anzitutto, nella messa, che deve essere il centro dinamico e il nucleo
vitale della sua giornata.
Finalmente, la sopraddetta dottrina deve far capire una cosa
che molti, anche ben intenzionati, non capiscono abbastanza, e cioè:
ammesso che, a causa delle circostanze concrete, non tutti, né necessariamente
il maggior numero dei fedeli o dei sacerdoti o dei religiosi,
debbano condurre un tipo di vita nel quale la liturgia abbia
la prevalenza anche quantitativa, rimane tuttavia non solo legittimo,
ma anche utile e santo e necessario che, secondo la vocazione personale
che Dio dà ad ognuno, vi siano, nella Chiesa, degli individui
ed anche dei gruppi e delle intere società che facciano proprio questo
genere di vita, e che la Chiesa non subirebbe piccola iattura se questo
non si verificasse.
È assai più difficile di quanto si possa pensare, comprendere
tutte le esigenze del corpo mistico di Cristo. Anche qui: distinzione
dei compiti e gerarchia dei valori. Vedi S. Paolo 1 Cor 12.
Così, quando si asserisce che l'azione liturgica deve essere fine
e fonte di ogni attività pastorale, non si vuol dire che l'attività pastorale
si esaurisce tutta nella liturgia o che le attività extraliturgiche
non siano importanti, anzi, essenziali al fine della pastorale e della
stessa liturgia; o che l'ideale che si propone sia quello di mutare
ogni parrocchia in monastero e ogni parroco in monaco. Ma significa
che, in virtù dello stesso fine che persegue, tra le diverse attività
in cui si esplica la pastorale, non vi può essere né opposizione, né
disconnessione o semplicemente indipendenza, ma vi è gerarchia
qualitativa per cui, qualitativamente, tutte sottostanno e sono ordinate
alla liturgia. Insisto sul: qualitativamente, perché non si creda
nemmeno che per un parroco, tra le attività pastorali, la maggior
parte del tempo debba essere consacrata necessariamente e sempre
alla liturgia.
Insomma, si ripete semplicemente e, fondamentalmente, per le
stesse ragioni, quello che delle relazioni tra liturgia ed attività extraliturgiche
si è detto quando si è parlato dei rapporti tra spiritualità
e liturgia. Niente assorbimento o menomazione delle attività extraliturgiche
dalla liturgia, ma, tuttavia, necessario loro indirizzo unitario
e subordinazione qualitativa alla liturgia come alla realtà nella quale
si realizza pienamente lo scopo dell'intera pastorale.