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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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292 CAP. X - LITURGIA E INCARNAZIONE<br />

poteva essere vista che dagli occhi <strong>della</strong> fede. Ai superbi, ai soddisfatti<br />

di se stessi, l'umanità di Gesù, la sua visibilità, la sua corporeità,<br />

fu uno schermo che nascose la divinità. Solo chi, mediante la<br />

.fede, seppe penetrare quello schermo, potè raggiungere la divinità,<br />

Questa fu la via oggettiva, ineluttabile, che Dio impose agli uomini<br />

per venire a Lui.<br />

Per connettere tutto questo con quanto sopra si è detto<br />

sulla centralità del mistero pasquale, basta osservare che l'incarnazione<br />

effettivamente voluta da Dio nello stesso Signore Gesù, non<br />

fu, sulla terra, un fenomeno solo statico, ma ebbe anche un aspetto<br />

dinamico: doveva evolversi, conquistare una meta.<br />

Infatti, l'unione ipostatica, perfetta, nella sua sostanza, sin dal<br />

primo istante dell'esistenza di Gesù, non ebbe dapprima sulla sua<br />

natura umana tutti gli effetti secondari connaturali. L'umanità in<br />

Cristo fu umanità sofferente, sottoposta in tutto, fuorché nel peccato,<br />

alle nostre miserie, conseguenze del primo peccato da lui volontariamente<br />

accettate, fino alla morte di croce; la divinità rimase<br />

nascosta sotto la forma del servo di Dio umiliato. Nell'ordine delle<br />

cose volute da Dio, in Cristo, la glorificazione dell'umanità, a cui<br />

aveva diritto, doveva essere conquistata attraverso le umiliazioni,<br />

la passione e la morte. Solo con la risurrezione e la seduta alla<br />

destra del Padre, l'incarnazione in Cristo avrebbe raggiunto tutti<br />

i suoi effetti, perché solo allora la divinità avrebbe talmente penetrato<br />

la sua natura umana fino a rendere glorioso anche il suo corpo<br />

dopo il superamento di ogni traccia delle conseguenze del peccato.<br />

Questa è l'incarnazione concretamente voluta da Dio, a cui<br />

Cristo avrebbe dovuto farci partecipare, comunicandoci in qualche<br />

modo il suo essere e il suo stato di Figlio di Dio incarnato, prima<br />

umiliato e paziente fino alla morte e solo poi risorto e glorioso.<br />

Questo modo, veramente sorprendente per la sapienza umana,<br />

in cui Dio ha voluto apparire nel mondo e comunicarsi all'uomo, è<br />

d'incalcolabile importanza, per capire, per così esprimerci, i modi di<br />

fare di Dio verso gli uomini e la via che essi devono tenere per arrivare<br />

a Lui. Infatti, la via dell'incarnazione per arrivare a Dio non solo<br />

fu imposta ai contemporanei di Gesù, ma è anche oggi l'unica via<br />

che conduce al Padre. È una legge. Si può dire, in qualche modo,<br />

che quello che fu l'umanità di Gesù per i suoi contemporanei, lo<br />

sono per noi anzitutto i sacramenti. Vale qui la parola di S. Leone<br />

Magno : « Quod Redemptoris conspicuum fuit in sacramenta transivit<br />

» ". Noi non possiamo andare a Dio che passando per queste<br />

cose sensibili e spirituali nello stesso tempo che sono i sacramenti,<br />

per le quali opera la virtù divina santificatrice. I sacramenti non<br />

sono solo simboli per richiamare in noi certe idee ed eccitare affetti<br />

e voleri. No; sono veramente strumenti, canali <strong>della</strong> grazia. E questa<br />

grazia che per mezzo di essi ci viene comunicata da Dio, ci trasforma<br />

realmente nell'ordine dell'essere, e non solo del conoscere<br />

4 Sermo 74,2.

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