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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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LITURGIA E ADATTAMENTO 311<br />

Anzi, nell'ambito di questo stesso principio di massima, lo<br />

stesso concilio ha proclamato, in specie, la regola <strong>della</strong> necessità<br />

di adattare la <strong>liturgia</strong> all'indole e alle tradizioni dei vari popoli,<br />

ripudiando esprèssamente l'idea d'imporre anche in questo campo<br />

una rigida uniformità, eccetto, naturalmente, i casi nei quali si tratta<br />

<strong>della</strong> fede o del bene comune di tutta la Chiesa. Le stesse parole<br />

di questa proclamazione sono particolarmente solenni : « La Chiesa,<br />

quando non è in questione la fede o il bene comune generale,<br />

non intende imporre, neppure nella <strong>liturgia</strong>, una rigida uniformità,<br />

anzi rispetta e favorisce le qualità e le doti d'animo delle varie<br />

razze e dei vari popoli. Tutto ciò poi che nei costumi dei popoli<br />

non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo<br />

considera con benevolenza e, se è possibile, lo conserva inalterato,<br />

e a volte lo ammette perfino nella <strong>liturgia</strong>, purché possa armonizzarsi<br />

con il vero e autentico spirito liturgico » 31 .<br />

È la prima volta che il principio dell'adattamento, tanto spesso<br />

ribadito, dopo Benedetto XV, dagli ultimi Papi nel campo generale<br />

delle missioni, viene espressamente esteso alla <strong>liturgia</strong>. E ciò è fatto<br />

per tutta la Chiesa, pur tenendo conto particolare dei paesi di<br />

missione 32 .<br />

Questo principio poi non viene solo ammesso nel <strong>senso</strong> che<br />

si vuole provvedere a lasciare, nell'interno stesso del rito romano<br />

e nella salvaguardia <strong>della</strong> sua sostanziale unità, un più largo margine<br />

all'adattabilità ai bisogni locali 33 , ma viene anche aperta<br />

una porta che in certi casi può condurre ai suoi cambiamenti ancora<br />

più profondi, specialmente nelle missioni 34 . Così si considera<br />

la possibilità, in certi luoghi, di una evoluzione del rito romano<br />

che possa arrivare, con il tempo, anche alla creazione, a partire<br />

dallo stesso, di nuovi riti più rispondenti alla mentalità di alcuni popoli.<br />

Penso specialmente ai popoli africani e dell'estremo oriente i<br />

quali, in questa loro prima fase di vita cristiana, con la fede hanno ricevuto<br />

il rito romano. È uno spiraglio magnifico di vera cattolicità.<br />

Da questo stesso fatto fondamentale dell'adesione <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong><br />

alla concreta e totale psicologia dell'uomo, si spiega pure la somiglianza,<br />

talvolta notevole, che i riti <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong> cristiana possono<br />

avere con riti più o meno paralleli di culti non cristiani, specialmente<br />

antichi, o anche il fatto che la <strong>liturgia</strong> cristiana antica adottò<br />

e cristianizzò diverse usanze cultuali dell'ambiente ellenistico e romano.<br />

In tutto questo, niente di men che naturale. La natura umana<br />

è sempre la stessa; perciò è logico che anche le espressioni psicologiche<br />

nelle quali s'incarna e si esteriorizza siano fondamentalmente<br />

le stesse. La <strong>liturgia</strong> cristiana rispetta questa psicologia e<br />

per questo i suoi riti possono presentare notevoli tratti di somiglianza<br />

con riti che la stessa natura umana ha altrove creato. Per-<br />

" Ibid. art. 37.<br />

32 Ibid. art. 38-39; 65; 68; 119.<br />

'» Ibid. art. 38-39; 63 b.<br />

" Ibid. art. 40; 54; 119.

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