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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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490 CAP. XVI - FEDE E LITURGIA<br />

SECONDA REGOLA. Quello che, nella <strong>liturgia</strong>, il magistero propone<br />

all'adesione dei fedeli e i fedeli accettano, è proposto con grado di<br />

autorità dogmatica molto vario, a seconda dei casi, e i fedeli, nello<br />

stesso modo, purché bene edotti dell'intenzione del magistero,<br />

vi danno un'adesione di grado e qualità diversissimi.<br />

È questa semplicemente una regola di metodologia teologica<br />

generale: non tutto quello che il magistero propone è da esso proposto<br />

con lo stesso grado e la stessa forza autoritativa, con l'intenzione<br />

d'impegnare allo stesso modo la sua responsabilità o autorità<br />

dottrinale e la fede dei credenti.<br />

Alcune cose sono da esso proposte a credersi di fede divina<br />

e cattolica sotto pena di naufragio nella stessa fede; in esse il magistero<br />

impegna tutta la sua autorità infallibile. Altre, invece, lo<br />

sono con un grado autoritativo inferiore. Questo, a sua volta, può<br />

variare dal grado che i teologi chiamano prossimo alla fede, senza<br />

essere strettamente di fede, fino all'opinione semplicemente ammessa<br />

come tale, o alla semplice ipotesi, più o meno generalmente<br />

ammessa, che il magistero non intende per il momento contraddire,<br />

ma intorno alla quale non intende prendere nessuna responsabilità.<br />

Tra questi due estremi vi può essere un numero indefinibile di<br />

gradi e di sfumature.<br />

Nello stesso modo, i fedeli non devono dare a tutto quello<br />

che è proposto dal magistero Io stesso grado e la stessa natura<br />

di adesione. La regola generale è semplicemente che il fedele dia<br />

ad ogni singola proposizione del magistero quel grado e quella<br />

natura di adesione che il magistero richiede da lui, né più né meno.<br />

Quello che dal magistero è proposto come di fede divina e cattolica<br />

sotto pena di naufragio nella fede stessa, deve essere creduto<br />

dal fedele con fede divina e cattolica e con adesione somma come<br />

richiede l'autorità di Dio rivelante che è il motivo formale <strong>della</strong><br />

fede divina. A tutto il resto si deve aderire con adesione di natura<br />

e di grado inferiore a seconda <strong>della</strong> natura e del grado <strong>della</strong> proposizione<br />

del magistero.<br />

Questa regola generale vale anche per quella proposizione<br />

di dottrina del magistero che avviene, a suo modo, nella <strong>liturgia</strong>.<br />

Nei diversi elementi <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong> questi gradi di proposizione<br />

sono diversissimi. Tanto più diversi e difficili a distinguere in<br />

quanto nella <strong>liturgia</strong>, come è stato spiegato, lo scopo didattico<br />

è solo indiretto e l'espressione didattica, esplicita e precisa, assai<br />

rara.<br />

Prendiamo l'esempio delle feste liturgiche. Molte feste propongono<br />

un certo fatto storico, che, in qualche modo, è l'oggetto<br />

<strong>della</strong> festa. Ma il grado autoritativo, con cui il magistero propone<br />

questo fatto e i fedeli lo accettano come vero, varia moltissimo.<br />

<strong>Il</strong> fatto <strong>della</strong> risurrezione di Nostro Signore, che entra nell'oggetto<br />

<strong>della</strong> festa di Pasqua, è proposto come di fede divina e cattolica.<br />

Così anche, oggi, dopo la definizione dell'assunzione, il fatto<br />

dell'assunzione al cielo <strong>della</strong> Madonna nella festa omonima. Ma,

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