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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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718 CAP. XXII - S. GERTRUDE E SPIRITUALITÀ LITURGICA<br />

eccettuate le poche seguenti cose che potè appena e sconnessamente proferire<br />

per mezzo di qualche similitudine» 76 .<br />

Con queste ultime espressioni si allude chiaramente, come ci renderemo<br />

meglio conto quando studieremo direttamente la questione,<br />

a una visione ineffabile <strong>della</strong> Trinità, considerata dagli autori mistici<br />

come la grazia più alta che si possa avere quaggiù.<br />

Cristo mediatore<br />

Rimane tuttavia verissimo che Gertrude sale alla Trinità attraverso<br />

Cristo; attraverso Cristo uomo e Dio, con particolare accento<br />

sulla sua umanità, unita in lui alla divinità e come mediatrice tra<br />

Dio e gli uomini ". Un testo caratteristico :<br />

« Nella solenne festa <strong>della</strong> fulgida e sempre tranquilla Trinità, per riverenza<br />

ad essa, Gertrude leggeva questo versetto: "sia gloria a te, imperiale,<br />

eccellentissima, gloriósissima, nobilissima, dolcissima, benignissima, fulgida e<br />

sempre tranquilla ed ineffabile Trinità, uguale ed unica deità, prima di tutti i<br />

secoli adesso e sempre". Mentre offriva questa preghiera al Signore, le apparve<br />

il Figlio di Dio nella sua umanità, nella quale, dice la Scrittura, è minore del<br />

Padre. Esso stava dinanzi alla veneranda Trinità, in primaverile dolcezza di<br />

fiorentissima gioventù. Ed aveva su ogni membro un fiore di tanta bellezza e<br />

splendore da non trovar nessun paragone tra le cose visibili e materiali. Per<br />

questo si significava che poiché la nostra umana piccolezza non può nemmeno<br />

arrivare all'irraggiungibile lode dell'eccellentissima Trinità, Cristo Gesù, nella<br />

sua umanità, nella quale si dice che è inferiore al Padre, ha preso sopra di sé<br />

il nostro piccolo sforzo, e nobilitandolo in sé, ne ha fatto un degno olocausto<br />

alla somma e indivisibile Trinità.<br />

« Mentre poi s'intonavano i vesperi, il Figlio di Dio, tenendo, con ambo le<br />

mani, il suo degnissimo Cuore in forma di cetra, lo presentava dinanzi alla gloriosissima<br />

Trinità. Per esso, così, tutte le parole che venivano cantate in quella<br />

festa risonavano soavissimamente dinanzi a Dio. <strong>Il</strong> canto di coloro che senza<br />

speciale devozione cantavano per semplice consuetudine o per umano diletto,<br />

quali grosse corde, mandavano un sommesso mormorio di note basse. Ma quelli<br />

che intendevano cantare con devozione la lode <strong>della</strong> veneranda Trinità mandavano,<br />

come con note superiori, chiara modulazione con soavissima musica. Poi,<br />

mentre si cantava l'antifona : Osculetur. me, una voce dal trono disse : si avvicini<br />

il mio Figlio diletto nel quale io in ogni cosa mi sono sommamente compiaciuto<br />

e dia, a me delizioso, un soavissimo bacio. Allora il Figlio di Dio, in<br />

forma umana, avanzandosi, dette un soavissimo bacio all'incomprensibile divinità,<br />

alla quale sola la sua santissima umanità ottenne felicemente di essere<br />

unita con vincolo d'inseparabile unione... Capì pure Gertrude che ogni volta<br />

che in quella festa si nominava la persona del Figlio, Dio Padre, in modo incomprensibile<br />

e ineffabile, accarezzava l'amatissimo Figlio. Da quella carezza<br />

l'umanità di Gesù Cristo veniva mirabilmente chiarificata; e da quella chiarificazione<br />

dell'umanità di Cristo tutti gli eletti percepivano una nuova conoscenza<br />

dell'incomprensibile Trinità.<br />

«Durante l'ufficio del mattino, mentre alle Laudi si cantava l'antifona:J££<br />

jure laudant, Gertrude, con tutte le sue forze, con la stessa antifona lodava la veneranda<br />

Trinità, con l'intenzione che, se fosse possibile cantare, al momento<br />

<strong>della</strong> sua morte, la stessa antifona con tanta devozione da perdere la vita con-<br />

7 « IV 55 p. 471. Vedi anche IV 12 p. 334 s.<br />

'' Vedi, per es., <strong>Il</strong>i 20 p. 162; IV 35 p. 406; IV 41.

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