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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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66 CAP. II - LITURGIA E SEGNI SENSIBILI<br />

all'unisono con determinate cose, ammette larghi margini di variabilità<br />

ed è soggetto a educazione.<br />

La percezione estetica è di tipo istintivo o intuitivo appunto<br />

perché implica una certa sintonia di connaturalità tra l'oggetto<br />

e le disposizioni delle potenze conoscitive del soggetto. Cosicché<br />

la percezione estetica non è analitica ma sintetica; e non è comunicabile<br />

per via diretta discorsiva come quando si comunica un<br />

teorema di geometria a un alunno, ma solo per via indiretta; cioè<br />

cercando con mezzi sensibili determinati di indurre l'altro nelle<br />

disposizioni nelle quali si trovava l'artista, di modo che, anch'egli,<br />

messo dinanzi allo stesso oggetto, faccia la stessa esperienza estetica.<br />

<strong>Il</strong> fine intrinsecamente specifico dell'arte (il fine dell'opera, come<br />

dicono gli scolastici) è dunque semplicemente di attuare le potenze<br />

conoscitive in modo tale da indurre il soggetto alla fruizione estetica,<br />

e nient'altro. Questa fruizione estetica, sotto l'aspetto morale,<br />

è indifferente, come la conoscenza scientifica o la conoscenza tecnica<br />

65 : diventa azione buona o cattiva se colui che la cerca lo fa<br />

per un ulteriore fine buono o cattivo (per il fine dell'operante, in<br />

terminologia scolastica).<br />

Così non è impossibile rivestire un oggetto o un'azione moralmente<br />

cattivi <strong>della</strong> qualità dell'arte purché siano considerati e rappresentati<br />

in modo tale che ne venga stimolato il piacere estetico.<br />

Come non basta che un oggetto o un'azione siano moralmente<br />

buoni, o che l'artista abbia intenzione moralmente retta, perché<br />

il risultato sia estetico.<br />

Tuttavia non è mai permesso agli artisti, e in genere a coloro che<br />

hanno la fruizione estetica, perché uomini, e non solo artisti, di<br />

non subordinare il loro atto alla moralità che deriva dal rapporto<br />

che ha ogni atto in concreto con il fine ultimo dell'uomo. Infatti,<br />

il bene che è l'arte, è, per l'uomo, un bene particolare — un certo<br />

bene delle sue potenze conoscitive —• e non già il bene totale e<br />

semplicemente ultimo.<br />

Per agire ordinatamente, bisogna dunque che l'uomo, ogni volta<br />

che lo cerca o ne fruisce, lo faccia sottomettendo quest'atto al suo<br />

bene ultimo totale, che è il bene morale. Così, nella linea del fine<br />

dell'operante, l'arte deve essere sottoposta alla moralità.<br />

Arte religiosa. — A questo punto entra l'arte religiosa o sacra.<br />

Infatti quando l'arte, pur rimanendo arte secondo le esigenze<br />

intrinseche <strong>della</strong> sua natura, si sottomette, inoltre, al fine specifico<br />

<strong>della</strong> religione 68 , diventa con ciò stesso arte religiosa, sacra, realizzando<br />

simultaneamente la doppia qualità: artistica e religiosa.<br />

65 Per l'indipendenza, in virtù del fine stesso dell'opera, di ogni arte e di<br />

ogni scienza dalla moralità vedi S. TOMMASO, Stimma I-II q 57 articoli 24.<br />

66 Questa sottomissione ha dei gradi. Vi è, tra le altre, una sottomissione<br />

che può dirsi materiale, di solo contenuto. È quella che consiste nel prendere<br />

come soggetto di una composizione artistica un soggetto religioso: mettere<br />

in canto parole religiose, dipingere una Madonna, costruire una chiesa, ecc.<br />

Ma, artisticamente parlando, si può trattare un soggetto religioso in modo<br />

(in una forma) tutt'altro che religioso anche se veramente artistico. Molte

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