TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

494 CAP. XVI - FEDE E LITURGIA
quella dottrina alla fede dei fedeli nella stessa festa dell'Assunzione.
Infatti, a considerare il solo lato liturgico della questione, e astraendo
dalla bolla dogmatica di Pio IX la cui lettura — contrariamente
agli usi liturgici antecedenti — era stata introdotta nel breviario
della festa dell'Immacolata, che differenza era mai possibile stabilire
tra il modo in cui la Chiesa proponeva ai fedeli l'Immacolata
Concezione e il modo in cui proponeva l'Assunzione? Eppure questa
differenza, dal punto di vista dogmatico, era grandissima.
Talvolta, è vero, seguendo attentamente lo sviluppo storico
dei diversi elementi liturgici, per esempio di una festa, come quella
dell'Immacolata in occidente ie , vi si può scorgere un aumento
progressivo d'impegno e d'autorità da parte del magistero. Ma,
anzitutto, questo non è sempre il caso; e poi si tratta sempre di
una costatazione di aumento d'impegno generico senza che, considerando
i soli elementi liturgici, si possa precisarne la natura e
il grado. I successivi mutamenti liturgici apportati alla liturgia
della festa dell'Immacolata Concezione cominciando specialmente dal
secolo XV, non prendono un significato alquanto preciso riguardo
al grado d'impegno che il magistero vi metteva, che se considerati
alla luce dello sviluppo contemporaneo della controversia teologica
intorno alla stessa materia e di altre manifestazioni non ambigue
del sentimento di quei romani Pontefici in proposito; ossia
alla luce delle manifestazioni extraliturgiche del magistero ordinario
contemporaneo.
Perché questo stato di cose? La ragione essenziale va ricercata
nella natura stessa della liturgia. La quale, come si è detto, in
quanto contiene un'azione della Chiesa, è direttamente ed essenzialmente
un culto, una preghiera, e non implica un'attività d'insegnamento
che in modo assai indiretto, per quel tanto che la
Chiesa stima utile ed opportuno per indurre in questo stesso momento
i fedeli alla risposta di culto e di preghiera di tutto il loro
animo a Dio. E ciò spiega, come si è osservato, perché la liturgia
non è né un catechismo né un manuale di dogmatica. La Chiesa,
nella liturgia, suppone che il popolo fedele che vi prende parte già
conosca il catechismo e il clero il suo manuale di dogmatica. Supponendo
tale conoscenza — e magari, all'occasione, richiamandone
qualche spunto alla memoria — essa, nella liturgia, è tutta protesa a
fare pregare al momento stesso i suoi figli. Perciò il fatto osservabile
che la Chiesa nella liturgia, tira profitto, senza mancare alla
verità, di tutto quello che stima utile per indurre i fedeli allo
stato d'animo cultuale e di preghiera, e non si preoccupa quasi
affatto di avvertirli, ad ogni elemento messo in opera, con quale
grado preciso d'autorità essa intenda impegnare o non impegnare
la loro fede in ciascuno dei casi considerati. Tale preoccupazione
sarebbe assai lontana dalla natura della liturgia.
Ne segue che a colui il quale, invece, è proprio preoccupato
>6 Vedi, per esempio, G. LOEW, in: Enciclopedia cattolica VI (1951) 1659-62.